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22/23-08-2018 MANGART
22-09-2018, ore 07:30

La nostra “disavventura” inizia già da Chieti Scalo.
Parcheggio cafonescamente la macchina di fronte ad un fruttivendolo chiuso, entriamo in un bar, prendiamo un caffè e dopo meno di cinque minuti siamo già fuori…ecco che il padrone della frutteria mi riprende molto educatamente per il mio parcheggio “sbadato”.
Sposto l’auto dal lato opposto della strada sostando brevemente per impostare il navigatore ma ecco che la motoscopa della nettezza urbana deve passare…oggi non è aria. Dai partiamo. Entriamo in autostrada a Pescara Ovest.
Bologna. Mi infilo nella corsia più a destra possibile per prendere lo svincolo per Padova ma incredibilmente vado dritto…wow, che fenomeno!
Il navigatore, mediante un giro contorto ci rimette sulla retta via.
Spero che per oggi gli inconvenienti bastino! Aspettiamo prima di cantare vittoria!
Portogruaro. Ci ritroviamo magicamente in mezzo ad una coda abominevole sull’autostrada causa lavori…uno strazio!

Ok, approfittiamo per la pausa pranzo!
Laghi di Fusine, (precisamente quello superiore, 941m) ore 16:00
Siamo giunti alla destinazione di partenza sani e salvi.
Ore 16:15, iniziamo il cammino.

A condividere questa fantastica esperienza siamo: io, Trombetta, lo Yeti e Robbertin lu Rrusctellar!

La nostra destinazione di oggi è il bivacco Nogara dove trascorreremo la notte per poi l’indomani salire sul Mangart.
Per raggiungere questo bivacco, bisogna percorrere la strada sterrata (513) e dopo circa 1 Km, prendere il sentiero a DESTRA che sale ripidamente al bivacco (517 A).

Noi invece, dopo mezzo chilometro prendiamo il sentiero a sinistra (512) che porta ripidamente al rifugio Zacchi.
Abbiamo completamente “cannato” il percorso da fare.

Alle 17:08 ci troviamo davanti a questo splendido rifugio (1380 m), in mezzo ad una natura fantastica, immersi in un anfiteatro contornate da grandiose vette, ma siamo da tutt’altra parte!

Ok, intanto refrigeriamo le nostre accaldate membra con una freschissima acqua che sgorga da un’antica fonte alpina.
Chi andiamo ad incontrare nel cortile antistante al rifugio? Un ragazzo del Tricalle (quartiere di Chieti) addetto alla cucina.
Dopo un breve scambio di chiacchiere, un rapido sguardo alla cartina e via di corsa per “raddrizzare il tiro”.
Dobbiamo imboccare il 513 in discesa e poi a sinistra per il 117 che taglia in orizzontale tutta la catena da E verso O fino all’incrocio con il 117 A che avremmo dovuto prendere in partenza.
E’ un po’ contorto ma per evitare di ritornare all’inizio, perdendo notevolmente quota, occorre fare così.
Allora via con la correzione.

Partiamo a testa bassa dritti per dritti verso le cime di fronte a noi lungo una traccia poco accentuata e mal segnalata.
Dopo una ventina di minuti circa, ci viene qualche dubbio.
Mettiamo di nuovo mano alla cartina.
Ecco appunto! Torniamo giù.
Guardando ATTENTAMENTE i segnali seguiamo esattamente il percorso da fare.

Roast Man pensa sempre alla carne alla brace!

Inutile dire che qui è tutto uno spettacolo.

Tralasciamo a sinistra il sentiero che porta alla “Via della Vita” (in passato Via della Morte) una via ferrata costruita ed usata dagli alpini durante la prima guerra mondiale.




Attraversiamo paesaggi paradisiaci fino al tanto atteso incrocio con il sentiero  517 A che avremmo dovuto percorrere fin dall’inizio.


Ora si sale molto ripidamente attraversando terreni di ogni genere: prati, roccette, passaggini attrezzati, escerementi di animali, cadaveri, spiriti maligni, folletti, gnomi, elfi e fate turchine.

La fame aumenta e si hanno le visioni!



Finalmente la fontana di acqua surgiva che dista meno di 5 minuti dal bivacco!
Una lunga e meritata sosta è obbligatoria per gustare la freschezza di questa magnifica acqua che sgorga dal cuore della montagna.
 2 minuti di cammino e siamo finalmente al Bivacco fratelli Nogara (1850m).

I "pecorari" del Mangart
Sono le ore 19:45, le ultime luci del giorno illuminano il paradisiaco posto spegnendosi piano piano.
Èd è ora che noi accendiamo la festa!
Ce te fame!
Dai nostri zaini escono le provviste per una settimana di trekking himalaiano.

Ecco che tiro fuori le bombe molotov!
Vado ad offrire un bicchiere di vino a due persone provenienti dal Belgio, ma lo accetta solo la signora, il ragazzo no…non ci sono più gli uomini di una volta!


Con un susseguirsi di brindisi, trascorriamo la serata sotto un meraviglioso manto stellato.

È ora di dormire, ci infiliamo nel bivacco e chiudiamo gli occhi. Domani ci attende una dura giornata.

23-09-2018 ore 05:50, la sveglia.

Scendiamo tranquillamente dalle brande, ci incamminiamo in discesa e raggiungiamo di nuovo i laghi di Fusine dove al bar facciamo colazione con cornetto e cappuccino per poi riprendere la via di casa.
Alle 15:00 siamo di nuovo a Chieti.
Se non ve ne siete accorti non ho detto la verità.
Ripartiamo dalla sveglia.
Le prime luci dell’alba accendono le pareti che ci circondano sotto un limpidissimo cielo azzurro.

Carichi di entusiasmo mangiamo qualcosa velocemente e partiamo di corsa verso l’attacco della ferrata italiana.
Il sentiero parte subito dietro il bivacco.

Salendo ripidamente per prati, si giunge in breve all’attacco.
Davanti a noi tre sloveni.


La ferrata attacca subito ripidamente e si sale tirandosi ad un cavo in ottime condizioni.


Successivamente si attraversa un foro formato da un masso incastrato in un camino.
La giornata è molto calda e nel buco si suda.

Lo Yeti all’uscita si lamenta della temperatura elevata.

Ora non sto a descrivere la via. Questa è una ferrata ed ovviamente le ferrate sono “tutte uguali”, chi più ripida, chi meno ripida, chi più faticosa etc…ma sempre ad un cavo bisogna tirarsi!

Cerchiamo di arrampicare il più possibile usando il cavo solo come assicurazione e non come mezzo di progressione…quando le condizioni lo permettono.



Proseguiamo tranquillamente tra passaggi di tutti i tipi: erbosi, strapiombosi (si dice strapiombanti), vertiginosi, friabilosi, scalettosi, etc.

Lu Rrusctellar pensa sempre alla solita cosa.
E basta! Cambia alimentazione!

Nei passaggi più impegnativi, ognuno tira fuori il meglio di se!



Tra una marmotta ed un camoscio, tra un tuono ed un fuoco d’artificio e tra un gas nervino ed una fialetta di carnevale, giungiamo al termine della ferrata italiana.


Tutta questa fatica per scoprire che dall’altro lato (versante sloveno) si sarebbe potuto raggiungere lo stesso punto in meno di mezz’ora di comodo cammino.
Ok, proseguiamo.
Saliamo per pochi metri di dislivello lungo la via “normale” fino a raggiungere un poco evidente omino che indica il traverso che conduce alla ferrata slovena.

Percorso questo scomodo tratto ghiaioso, giungiamo all’attacco.

Rispetto alla ferrata italiana questa è a dir poco “oscena”, tant’è vero che lo Yeti la definisce una “zingaria”!


La qualità della roccia è scarsa, le protezioni sono solo “psicologiche” e l’umidità della notte ancora si asciuga perché la parete è ancora tutta in ombra (infatti la via percorre in direzione SSO la parete O).


In ogni caso, sempre con estrema cautela, saliamo agevolmente questa via che somiglia alla direttissima del Corno Grande in cattive condizioni.

Incontriamo anche una marmotta.

Manca poco alla vetta, dai un altro piccolo sforzo!
Ore 10:45, siamo in cima al Mangart (2677m), la quarta per altezza delle Alpi Giulie.

Foto di vetta.

Brindisi di vetta.
Sappiamo che nel pomeriggio verrà a piovere, quindi la nostra sosta è molto breve. Il tempo di qualche foto.
Ma cosa succede? Chi è quell’essere?
È l’abominevole mostro del Mangart che è partito dal Triglav per sbranare gli abruzzesi.

Ma addò ti prisind cinciò! Yeti e Roast man lo boloccano e lo buttano giù.
Ok, è ora di scendere.

Seguiamo i segnali della via “normale” che scende in direzione NO (sul versante italiano).
Il sentiero è sconnesso, ghiaioso, pietroso, scontroso, scostumato, antipatico, ma allo stesso modo bellissimo.

Ecco i laghi di Fusine! Ma laggiù dobbiamo tornare? E mo arriviamo!

Anche questa “normale” è parzialmente attrezzata con cavi metallici.
Per ripidi ghiaioni (ora siamo in Slovenia) raggiungiamo la Forcella del Mangart (2166).

Oltrepassando il confine (recinto per le pecore) scendiamo in direzione NE verso il bivacco dove abbiamo lasciato dei pesi “inutili”.
Alle 0re 12:50 siamo di nuovo al bivacco “Nogara” ma stavolta è invaso da pecore.

Pecore, pecore e solo pecore. Hanno coperto con i loro escrementi persino la scaletta metallica del bivacco.
Si vede che qui in Friuli non si fanno gli arrosticini!
Da noi questi ovini riconoscono chi comanda e sono educati!

Torniamo rapidamente giù e ripidamente ancora più giù.
Questa volta per il sentiero che avremmo dovuto fare in salita (517 A).
Meglio così però, sarebbe stato estremamente ripido e saremmo arrivati morti.
A venti minuti dalla macchina becchiamo l’acqua.

I calcoli li abbiamo fatti bene, ma la perturbazione ha anticipato di circa un’ora!
Alle 15:20 siamo di nuovo alla macchina.

Dopo una tazza ad un bar in slovenia, ci rechiamo presso “Sella Nevea” dove abbiamo prenotato una stanza per la notte.

E che stanza! Per fortuna, l’enorme spazio a disposizione ci consente di poter stendere i panni stile campo rom.

Dopo un’ottima cena in compagnia di Tamagotchi, facciamo quattro passi per rilassarci ma il temporale imperversa furiosamente, i tuoni la fanno da padrone, ma l'ultimo, il più forte di tutti, ci costringe alla ritirata.
Ok, è andata così, speriamo non si sia fulminato qualcuno!

Dopo una bottiglia di grappa in camera per festeggiare la riuscita della scalata, si spengono le luci per intraprendere il viaggio tra le braccia di Morfeo.
Domani si replica.
Buonanotte.

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Articolo del 24 Oct 2018 by Alfredo
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