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12-11-2006 Pietre Cernaie e Monte secine (sottogruppo Majella)
Dopo anni ed anni di torture psicologiche infertemi dall’ing. Zuccarini, visto il tempo variabile, abbiamo deciso di recarci sulle Pietre Cernaie.
Da Rivisondoli, percorriamo la S.S. Frentana (N°84) e ci fermiamo circa 3 Km prima della stazione di Palena, proprio dove la strada attraversa il fosso “La Vera” (1254m).
Sono le ore 08:05. Io, Marco e lo sfraffatore di Massimo, iniziamo a camminare per una sterrata, attraversiamo la ferrovia ed andiamo a finire in un bosco.


L’intelligenza allo stato puro che ha preso possesso del corpo di Massimo Sammartino, fa in modo che il giovane si mette al comando del gruppo ed inizia a camminare a gran velocità nella selva selvatica e, come un maiale selvaggio o selvatico che sia, non pensa minimamente ad alzare lo sguardo per immaginare che sul tronco di qualche albero ci possa essere dipinto un segnale giallo/rosso.


Ci ritroviamo “casualmente” in una zona sperduta fra fango, fratte e macchie di neve.
“Massimo, lascia perdere, faccio io”.  Ritrovo il sentiero smarrito e, senza perdere il ritmo, raggiungiamo un gruppo di escursionisti partito prima di noi.
È il C.A.I. di Fara S. Martino, capito? FARA S. MARTINO, detta la Fara. (la famosissima Fara dei pastifici, delle sorgenti, delle gole, delle montagne etc.)
Ho salutato il presidente (Moreno) il quale anni fa mi ha fatto da istruttore ad uno stage di alpinismo organizzato dal C.A.I. di Chieti.
Sorpassiamo il folto gruppo e andiamo dritti per il sentiero… “questa volta guido io, eh, eh, con me davanti, vi porto come una sposa!”
Perdiamo di nuovo il sentiero…è il turno di mio fratello a stare al comando del gruppo.


Arriviamo in breve a Fonte Cernaia (circa 1600m), una sorgente che forma un laghetto…bhe, più che un laghetto è una grossa pozzanghera di acqua sorgiva che si trova ai piedi di un grosso promontorio roccioso chiamato “Pietre Cernaie”.
Secondo la cartina, il sentiero che percorre la cresta, parte da qui però, non riusciamo ad individuarlo perciò, proseguiamo ed iniziamo ad aggirare il promontorio.


Lo spettacolo è superbo: imponenti pareti verticali che partono dall’altopiano erboso e finiscono sulla cresta acuminata.
Dopo qualche “decina di minuti” di stupore, riprendiamo conoscenza e guardiamo la cartina non convinti del percorso.


Abbiamo sbagliato, dobbiamo tornare alla sorgente  e salire per un prato molto ripido lungo una traccia poco evidente.
Alla fine del prato c’è un breve tratto di bosco e poi…


… il ripidissimo tratto finale composto da: erba scivolosa, residui di neve, rocce instabili, terreno friabile, vento fastidioso e Massimo palloso.
Siamo indecisi se proseguire a salire o tornare indietro, effettivamente il tratto da affrontare non è molto simpatico però, con un po’ di attenzione, un po’ di tecnica e tanta fortuna, è possibile che su tre persone ne rimanga uno vivo.
Il gonfia palloncini di Massimo, non convinto affatto che si potesse salire di li, ha insistito affinché passassimo di traverso per i ripidissimi e scivolosissimi prati, in modo da trovare una via di discesa più sicura o un possibile passaggio per salire.
Il mammalucco di mio fratello si è fatto influenzare come una buatta (pesce di scoglio, di scarse facoltà mentali, chiamato ghiozzo o bavosa) ed ha acconsentito alla proposta del campione di orientamento di Massimo.
A mio parere si può salire in cresta arrampicando per un semplice ma delicato passaggio però, siamo due contro uno, la maggioranza vince e iniziamo l’instabile traverso.


Arriviamo ad un punto dove continuare diventa un po’ più pericoloso, non è impossibile ma perché andare a spaccarci le corna su questi tratti erbivori insignificanti? Se bisogna farsi male è meglio farlo con stile, per esempio scalando una grande parete oppure sopra un ghiacciaio alpino o, ancora meglio, su una montagna himalajana (non so se si scrive così) ma qui, sopra un prato a 1700m, sotto le Pietre Cernaie è indecoroso!
Mr. Intelligenza prova ad arrancarsi su uno sfasciume per vedere se si passa ma, niente da fare, è costretto a scendere lanciando con classe le bacchette.
Io torno indietro al passaggio che, secondo me, era scalabile…lo risalgo senza difficoltà, raggiungo la cresta e chiamo i miei compagni.


Anche loro salgono sopra senza sforzo, che voccaperti! Dovete seguire me, il secondo coccia tosta del gruppo (il primo è di gran lunga colui che è impegnato da settimane al frantoio…Mr. Farchia Antonio Di Fulvio).


La cresta è abbastanza affilata ed esposta, procediamo perciò con cautela...


… fino al punto più alto (1785m) dove scattiamo la foto di rito.


Proseguiamo ancora per passaggi delicati ed esposti, è incredibile come un percorso di bassa quota come questo possa presentare difficoltà tali da non invidiare nulla alla cime più famose e più alte.
Terminata la cresta rocciosa, rientriamo nel bosco dove, una freccia disegnata sul tronco di un albero, indica il sentiero che scende a valle.
Il Sammartino, colto da un complesso di superiorità, torna prepotentemente alla guida del gruppo, quand’è fregn’, mo ca finit’ lu tosct’! (bravo allo sbruffone, adesso che sono terminate le difficoltà!)


A passo supersonico, seguiamo i segnali e raggiungiamo in breve il Monte Secine (1883m, ore 11:15).
Qui rincontriamo il C.A.I. di Fara (non c’è bisogno di specificare S. Martino), scambiamo quattro chiacchiere con i soci e poi, prima di ripartire, chiedo al presidente di…


… scattarci una foto.
Inizio a colloquiare con lui e, dopo avergli parlato di Antonio di Fulvio, inizia a spiegarmi nuovi itinerari da percorrere sulla Majella.
Il discorso si dilunga ed i soci cominciano a scalpitare, vogliono andarsene in quanto il vento aumenta e la temperatura si abbassa.
Alle 11:40, ovvero dopo 35 minuti di pausa, si, avete capito, 35 minuti di pausa. Lo ripeto per chi non avesse capito 35 minuti, trentacinque minuti di pausa.
Dopo aver sforato di ben quindici minuti il limite massimo consentito…da Antonio, salutiamo il gruppo di Fara e scendiamo a razzo.


Torniamo per facile sentiero a “Fonte Cernaia” e poi seguiamo a ritroso la via dell’andata (fango, pozzanghere, fratte, rami secchi, neve etc.)


Alle 13:05 torniamo alla macchina.
Bella escursione al limite dell’alpinismo facile, devo dire che questa volta mio fratello ha avuto ragione a frantumare le scatole per anni.
Adesso abbiamo messo una croce sopra queste cavolo di “Pietre Cernaie” così si possono archiviare.
Massimino di certo non può vincere la palma d’oro per l’orientamento però…è troppo fregno, non mi può fare solo che un immenso piacere uscire con lui.
Va bene, non vedo l’ora che tornino con noi il futuro cinquantenne di Giustino ed il re delle Farchie Antonio.
Alla prossima escursione.

Ah, dimenticavo, la “tazza” di rito l’abbiamo bevuta al bar/ristorante presso la stazione di Palena poi, uscendo, abbiamo visto il menù affisso alla porta…ci è sembrato molto ma molto ma molto appetitoso con prezzi onestissimi.
Abbiamo fatto un patto: appena possibile effettueremo un’escursione sulla cresta del Monte Porrara, quando torneremo alla macchina pranzeremo allegramente al tranquillo ristorantino appena scoperto…chiunque volesse partecipare è il benvenuto.
Ciao ciao.

3 Commenti
Articolo del 15 Nov 2006 by Alfredo
by camosciojustin @ 16 Nov 2006 04:46 pm
Ah bellobellissimo l'albero.E non allungare il discorso!!! Frecheteve dove siete andati a passare! Sei forte Alfrè. Il futuro cinquantenne preferisce ripetere l'avventura da voi appena fatto anzichè il Porrara e, poi proseguire per il ristorante.
A presto.
by camosciojustin @ 21 Nov 2006 10:23 pm
ma a quale cresta si riferiscono quei due voccaperti??! wassat crying laughing
by Marco @ 22 Nov 2006 12:22 pm
Il buon Massimo mi stava spiegando quale era la cresta che poi abbiamo fatto. Io già sapevo il percorso ma il suo racconto mi ha affascinato.

N.B.: Je n'n so nu voccapert' !
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