Occorre effettuare un’escursione bella, faticosa, in un posto poco
frequentato e non molto lunga. Perché? Primo: le escursioni brutte non
fanno al caso nostro; secondo: se non ci stanchiamo un po’ non ci
divertiamo; terzo: ci piace praticare zone selvagge; quarto ed ultimo
motivo: le previsioni del tempo annunciano l’arrivo di una
perturbazione nel primo pomeriggio perciò, sa da fà alesct (occorre
effettuare l’escursione in maniera rapida).
L’unica montagna da noi conosciuta che possa soddisfare le nostre esigenze è proprio la Majella.
Fara S. Martino ore 07:00 am, Giustino, Marco, io e l’amico Fausto ci
avviamo inoltrandoci nelle strette gole della valle di S. Spirito.
Il caro “dolce” Antonio è impegnato con trattore e scavatore
nell’intento di realizzare dei lavori presso la sua abitazione,
Vincenzo e Giuliano sono impegnati in escursione con il C.A.I. di
Chieti, il grande Attilio starà sicuramente a cavallo della sua bici,
il segretario è in cucina a preparare cacign’ e faciul’ (verdura e
fagioli), Rossano è al mare e Manlio a casa con il suo cucciolo appena
nato (auguri).
Si, ma a noi che ce ne freca? Scusate, volevo abbellire il discorso!
Percorriamo a risalire la bellissima ma noiosissima valle (l’avrò fatta
forse “un milione di volte”!) a “passo sociale” (forse anche più
veloce) ed in circa cinquanta minuti (frect!) giungiamo a “Bocca dei
Valloni”.
Senza nemmeno capire dove ci trovassimo, Giustino inizia
a salire a gran velocità lungo il sentiero che conduce alla “Grotta dei
Callarelli”.
Dopo circa mezz’ora di marcia, in prossimità di un
pietrone, prendiamo una poco accentuata traccia sulla sinistra la quale
scende gradualmente nel fondo della valle.
Ci troviamo nella parte bassa della “Valle delle Mandrelle”, una zona
molto selvaggia e poco praticata; non mi stupirei se incontrassimo
leoni, coccodrilli, scimmioni e persino Tarzan.
Tutte queste bestie non ci sono però noi sappiamo emettere dei versi non da meno.
Il primo tratto è sotto bosco e apparentemente non presenta difficoltà poi, il bosco si fa più frattoso, orticoso e zanzaroso.
L’erba è molto alta e bagnata per via della pioggia della notte, i
nostri pantaloni supertecnici, elasticizzati, idrorepellenti, aderenti,
con cuciture termosaldate ed antiproiettile (vecchi jeans comperati al
mercato per una cifra di 8000£), si sono letteralmente fracicati
(inzuppati di acqua) come se avessimo attraversato un fiume vietnamita
con piragna (lo so che non si scrive così, ma la lettera enne con il
serpentello sopra non ci sta) e coccodrilli.
Una zona con massi caduti dall’alto annuncia il restringimento della
valle infatti, dopo una curva, due strette pareti attendono il nostro
passaggio come le fauci dell’ingresso dell’inferno.
Fuori la luce, dentro il buio…che paura!
Entriamo nella terrificante gola, sinistri scricchiolii turbano il
nostro tranquillo inconscio. Alcune voci dall’oltretomba ci invitano ad
inoltrarci nell’oscurità nello stesso modo in cui le fameliche sirene
tentarono Ulisse, legato all’albero della sua nave, mentre faceva il
suo rientro ad Itaca.
Lasciamo stare le stupidaggini (quando la sera si mangia pesante il giorno dopo è tremendo!) …
… andiamo avanti lungo l’oscura gola.
Ci troviamo davanti ad un camino di circa 3 m da risalire in
arrampicata, fortunatamente il superamento del passaggio è facilitato
da alcuni tronchi incastrati appositamente li dentro.
Salgo io…
…poi Marco…
…dopo Fausto…
…ed infine Giustino (veramente questa foto l’ho scattata in discesa)
Usciamo dalla caverna e davanti a noi si apre uno spettacolo
incredibile: una valle ricca di vegetazione verdissima contornata da
pareti altissime.
Il “saggio” Giustino ha definito questo ambiente:
“Sembra un deserto di sabbia con gli indiani, poi attraversi una porta
e ti trovi in un paradiso con le farfalle e le cascate”.
Questa frase ci fa restare un po’ di stucco ma dobbiamo proseguire.
Il terreno nasconde insidie poco simpatiche: sotto l’erba alta, bagnata
e ricca di ortiche si celano grossi sassi viscidi, buche, tronchi lisci
e tagliole per orsi (no, quelle no). Bisogna procedere con estrema
cautela ed il passo sociale va a farsi friggere (menomale!).
Proseguiamo dentro questo mondo incantato camminando persino su neve residua rimasta inzeppata nello gelido fondo valle.
Un salto mastodontico sbarra il nostro cammino; stop, siamo arrivati, ci fermiamo qui.
Sono le 10:00 ed è ora di sgranocchiare qualcosa prima di tornare a valle.
Ci sediamo sotto la “Cascata del Macellaro”: uno scivolo d’acqua di circa 40m posto sulla parete destra della valle.
L’altimetro di Marco segna 1700m ma credo che siamo più in basso, almeno 100m di meno.
Ore 10:15, bisogna ripartire, non dobbiamo superare i 20 minuti di sosta.
La temperatura è scesa ed alcune nuvole oscurano saltuariamente il luminoso sole, dando così un che di spettralità alla valle.
Percorriamo a ritroso ed a intuito la traccia da noi effettuata all’andata e, alle 13:00 precise, torniamo in macchina.
Mentre effettuiamo la rituale operazione di cambio d’abito, enormi
gocce di pioggia iniziano a schiantarsi al suolo emettendo un rumore
sordo e tetro.
Tetro non è un aggettivo per descrivere la tonalità di un suono!
Lo so (veramente non lo so), però fa tendeza!
Escursione non molto lunga ma molto bella e particolare, adatta soprattutto allo sviluppo delle condizioni meteo.
Io mi ho divertito, a Giustino gli ha piaciuto e Fausto e Marco si hanno messi a ballare per la felicità.
Bhe, il tempo è scaduto e vi devo salutare,
dopo questo giro inizio un po’ a puzzare,
perciò nella tiepida doccia è ora di entrare
e gli sporchi indumenti in lavatrice occorre ficcare.
Un grande saluto a tutti i camosci vicini e lontani.
La prossima cena, a base di pesce, la organizzerà Giustino in un locale di sua conoscenza…preparate le panze!