Dopo aver messo a segno il Sirente ci è venuta voglia di tentare, con i nostri modesti sci, il monte Gorzano.
Dopo circa due pallosissime ore di macchina arriviamo a Cesacastina
(AQ) dove parcheggiamo ed iniziamo a camminare, alle 08:00, lungo la
mulattiera con gli sci a spalla.
Notiamo che le cime sono coperte di nuvole ed il vento le sposta abbastanza rapidamente ma quaggiù è ancora tutto calmo.
Arriviamo al bivio per il Fosso dell’Acero, finalmente inizia la neve,
senza seguitare sulla strada sterrata, iniziamo a salire lungo il
pendio innevato irregolarmente, sempre senza sci ai piedi.
Dopo esserci fatti un mazzo pazzesco, arriviamo ad un falsopiano dove mettiamo sci e pelli di foca.
Che bello si sale con poca fatica!
La salita è abbastanza ripida, il sole abbastanza caldo e la neve abbastanza molle; chissà che schifo troveremo al ritorno?!
La relativa ripidezza della costa ci consente di salire velocemente
(menomale che non siamo passati per le Cento Fonti sennò che palle!).
Una volta superati il breve tratto boschivo usciamo sulla cresta sopra
la Costa delle Troie (non c’è da ridere, si chiama proprio
così).
La superficie della neve è completamente ghiacciata ed il vento fa in modo da non consentire al sole di scioglierla.
“Porca miseria! Per scendere saranno cavoli amari!”
Lungo la cresta non c’è molta neve ed in molte parti vengono fuori persino i ciuffi d’erba.
La salita non è molto ripida ed è proprio per questo motivo che che
risulta lunga e pallosa. (chiedo scusa per il termine leggermente
volgare ma, se avessi usato un’altra parola non avrebbe reso l’idea
della pallosità della via)
Camminiamo con gli sci e superiamo un dosso, poi un altro ed un altro
ancora quando, finalmente si scopre la vetta. Laggiù a “2500 Km” di
distanza ecco il Gorzano che ci guarda con un’aria ironica come a
dirci: “Di questo passo quando arrivate?!”.
“Ma vai a quel paese montagnuccia del cavolo, mo ti faccio un mazzo come Porta Pescara!”
Come rinvigoriti da quella visione iniziamo ad andare più forte ma,
l’euforia non dura molto. La cima viene coperta da un altro dosso come
se si fosse impaurita dalla mia minaccia.
Intorno a noi non c’è altro che bianco, bianco ed ancora bianco.
Continuiamo seguendo l’ampio filo di cresta fino alla visione più bella
della giornata: la cima si scopre nuovamente ed è molto più vicina di
quanto credessimo.
Mio fratello si appresta a raggiungerla festoso come un camoscio.
Le candide creste ci circondano come delle onde di panna vegetale
guarniscono una torta alla crema di fine pasticceria indocinese.
Alle ore 10:45 , io e mio fratello Marco, raggiungiamo la vetta
del monte Gorzano (2458 m), la vetta più alta del gruppo della Laga.
L’enorme croce (circa 50 cm) posta sulla vetta non si vede, tant’è vero
che ho pensato di avere sbagliato montagna. Non è possibile, la cima è
proprio questa, con una giornata così limpida non ci si può sbagliare.
L’unica spiegazione è che la croce sia stata completamente sepolta
dalla neve.
Che cacchio è, così non va bene. Sul Sirente era stata spazzata dal
vento e qui è sotto la neve. Possibile che non riusciamo a vedere una
croce?
Comunque giù al paese dovremo passare per forza davanti al cimitero per tornare a Chieti.
In cima non possiamo scattare molte foto a causa del vento gelido che ci ha congelato le mani.
Ci raccomandiamo al Signore e, dopo circa cinque minuti, scendiamo
(cerchiamo di scendere), senza togliere le pelli, a spazzaneve
sull’irregolare lastra di neve ghiacciata.
A causa del ghiaccio ciò che sarebbe potuta essere una semplice e
divertente discesa, si sta rivelando un massacro per gli adduttori.
Penso che quando torneremo a casa avremo delle gambe così muscolose da far diventare verde d’invidia l’incredibile Hulk .
Dopo avere detto questo cretinata continuiamo a scendere a fatica ma con un panorama straordinario.
Il versante nord della catena del Centenario sta li ad osservarci con
quegli occhi assassini (specialmente la nord del Camicia) come a farci
voler intendere che di li nessuno ne sarebbe mai uscito vivo.
Dopo ore di sci massacrante fra spazzaneve, lunghi traversi e scalette, arriviamo finalmente all’inizio del bosco.
Qui la neve è migliore infatti scendiamo filando lisci come una poesia.
Usciamo dalla selva e affrontiamo il ripido pendio iniziale (perché ci
eravamo passati all’inizio). La neve è diventata ormai una poltiglia;
con gli sci si affonda fino alle caviglie.
Scendiamo veloci come razzi ma, la schifosità (anche se la parola non è
corretta mi piace) della neve non ci permette di governare bene gli sci
però, riusciamo a non cadere.
Raggiungiamo la mulattiera e togliamo anche le pelli di foca.
Ora si che la discesa diventa piacevole.
Percorriamo la strada innevata con estrema tranquillità anche se a volte si sfonda.
Durante tutta la discesa sono riuscito a non cadere mai, anche nei
tratti più ripidi e ghiacciati. In quale posto vado a finire con i
glutei in mezzo alla neve? Proprio nel tratto più pianeggiante
dell’intero parco G. Sasso Monti della Laga.
Arriviamo al termine della strada innevata ed ecco che casca mio fratello. Menomale, non sono l’unico pollo!
Ora dobbiamo sorbirci un paio di chilometri di strada sterrata a tratti infangata.
Stanchi ma contenti torniamo lentamente al furgone (non temete non
voglio fare pubblicità occulta, comunque se qualcuno ha bisogno di ……)
Era da circa poco più di un anno che mi è venuta l’idea di salire con
gli sci sulla vetta più alta della Laga. Quel giorno eravamo in tre:
Vincenzo (il Presidente), Giustino (il Pazzo) ed io (il sottoscritto).
Siamo partiti da Cesacastina alle ………