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28/29-06-2003 Punta Gnifetti (4554m) gruppo Monte Rosa
Questa che andrò a raccontare è stata la prima ascesa del gruppo “Camosci d’Abruzzo”, ancora allo stato embrionale, ad un 4000.
Alagna Valsesia, sabato 28-06-03.
Un gruppo di semi inesperti alpinisti si prepara ad affrontare la salita verso il rifugio Gnifetti (Monte Rosa).
La comitiva è formata da: Antonio di Fulvio (alpinista di vecchio stampo con molti 4000 alle spalle), Vincenzo la Monaca (altro alpinista con un 4000 e altre ascese dolomitiche  nello zaino), Marcello Borrone (girovago, avventuriero con molti trekking extraeuropei nelle gambe), Marco Zuccarini (un 4000 e molte difficili ferrate in dolomiti), Massimo Sammartino (quasi inesperto ma molto forte fisicamente), Ezio Colanzi (anche lui escursionista con poca esperienza ma fisicamente una bestia) ed infine Alfredo Zuccarini (io) (un paio di 4000 e varie vie ferrate in dolomiti con il CAI di Chieti).
Ora che ho effettuato le dovute presentazioni, posso proseguire il racconto tramutando il linguaggio da impersonale a personale.
Prendiamo la funivia che, in tre tronconi, ci dovrebbe portare a Punta Indren (3260m).
Dopo i primi due tratti dobbiamo scendere in quanto il terzo non è attivo per via della manutenzione.


Bocchette delle Pisse (2396m) ore 12:55.
Sotto un tempo piovigginoso  ed a tratti nebbioso iniziamo il nostro primo (primo come gruppo) cammino alpino verso Punta Indren.


Il sentiero si snoda fra laghetti, cascate, rocce prati e nevai.
Incontriamo vari gruppi di persone che percorrono le numerose vie che s’intersecano in questo meraviglioso luogo.
Attraversiamo una pietraia dove il sentiero non è più evidente. Procediamo quindi con calma ed attenzione.
Arriviamo ad una morena e subito dopo ecco le prime tracce di bianco.
E’ ora di indossare i ramponi.


Seguiamo un non evidente percorso segnalato da sporadici paletti color arancio.
La scarsa visibilità fa in modo da farci sbagliare percorso ma, ce ne accorgiamo in tempo e torniamo senza indugio sulla retta via.
Arriviamo finalmente a Punta Indren. Ci troviamo a metà percorso. Se consideriamo che, con la funivia funzionante, saremmo dovuti partire da qui, a quest’ora ci trovavamo già nel rifugio.


Iniziamo a percorrere, sotto una fastidiosa pioggerellina, la via per la Capanna Gnifetti.
In base alle reminiscenze storiche dell’unica persona che era già passata di qui (Antonio), il ghiacciaio si era molto ritirato infatti, stentava a ricordare l’esatto andamento della via.
Arriviamo sotto una parete rocciosa. Ci sono due possibilità: 1) scalarla assicurandosi ad un cavo metallico; 2) aggirarla percorrendo il poco evidente sentiero.
I rari tuoni che ci circondano ci hanno consigliato il da farsi.
Procedendo a rilento per cercare di intuire l’andamento del sentiero, usciamo poco sotto al rifugio “Città di Mantova” (3500m)
La visibilità è quasi nulla e noi dobbiamo ancora percorre circa un’ora di ghiacciaio prima di arrivare al nostro rifugio.
La neve fresca ha appena ricoperto le tracce esistenti però, il rumore di un generatore di corrente ci ha condotti dritti dritti sotto la capanna.


Ancora pochi metri e, alle 19:20, arriviamo alla “Capanna Gnifetti”(3611m).


Il tepore che si trova all’interno del rifugio, appanna il freddo obbiettivo della fotocamera che cerca di immortalare il meritato momento della cena.


Il tempo volge al meglio e, dal terrazzo del rifugio, torna a vedersi anche il “Mantova”.


Sinceramente torna a vedersi anche il rifugio dove ci troviamo! E’ in legno, non lo avevo notato!
Emozionati come non mai ci corichiamo cercando, non di dormire (è difficile riuscirci) ma, di riposare al massimo (Vincenzo dorme senza crearsi il minimo problema).
Domenica 29-06 ore 04:00.
Una sveglia scassascatole sveglia chi non è sveglio mentre, chi è sveglio non viene svegliato dalla sveglia.
Colazione ipercalorica, lavaggio viso, mani, denti ed altri parti del corpo sporche, vestizione, formazione cordate e uscita dal rifugio.


La visuale di notte è proprio bella.


Ore 05:20 la partenza.
Iniziamo ad affrontare l’emozionante ascesa verso la vetta più famosa del gruppo.
Prima cordata: Antonio, Marcello, Massimo e Alfredo; seconda cordata: Vincenzo, Ezio e Massimo.
Il primo tratto, non particolarmente ripido, è caratterizzato da una fitta  serie di crepacci. Non sono pericolosi, in quanto, a causa delle loro modeste dimensioni, non ci entrerebbe nemmeno un piede ma, potrebbero procurare fastidiose cadute.
Ecco, sorge il sole. L’alba d’alta quota ci offre uno spettacolo incommensurabile: il ghiaccio si colora di rosa, le oscure sagome che ci circondano assumono lentamente lineamenti netti e definiti, il limpido cielo viene trafitto da primordiali raggi solari appena destati dopo una magica notte, le ombre si proiettano all’infinito, il cuore batte intensamente e l’affannato respiro disegna aleatorie nuvole nella tersa aere.
L’emozione di trovarsi in questi luoghi incantati è tale da far dimenticare persino la fatica.


Procediamo in armonia in mezzo ad un reticolo di corde a cui fanno capo simpatici personaggi uniti da un’unica passione, la montagna.
Alziamo lo sguardo e sulla nostra destra incontriamo il primo 4000: la “Piramide Vincent” (4215m).
Quota 4000, sempre sulla destra  il “Cristo delle Vette” (4167m) benedice il passaggio degli alpinisti che pregano che il loro sogno si realizzi.
Ci troviamo sul ghiacciaio del Lys, il percorso non è molto ripido ma procediamo lenti e con passo costante per via della quota.


Spesso ci voltiamo e rimaniamo incantati dal panorama straordinario.


Colle del Lys (4248m). Effettuiamo una breve sosta per metterci in condizione di arrivare in cima…praticamente mangiamo qualcosa.
Siamo nel cuore del gruppo del Monte Rosa, si vedono una miriade di cime intorno a noi: Punta Dufour, Punta Zumstein, Punta Gnifetti (la nostra meta), il Lyskamm, la Piramide Vincent etc.
Per non parlare delle vette appartenenti ad altri gruppi, tra cui regna sovrano il Monte Cervino.


Il sole è ormai alto ed inizia il suo lento ed inesorabile processo di scioglimento.


Di fronte a noi, Punta Gnifetti con la Capanna Margherita sulla testa, ci aspetta con pazienza regalandoci uno splendido sorriso.


La Punta Dufour invece, ci osserva con la coda dell’occhio perché parzialmente coperta dalla Punta Zumstein alla sua destra.
 

Il Lyskam mostra la sua terrificante cresta come a volerci dire che sopra di lui non ci si sale.


Camminiamo felici e sereni come se stessimo passeggiando per le nostre montagne anzi, sorpassiamo perfino diverse cordate.
Sono proprio contento in quanto il nostro fisico risponde bene.


Il morale del gruppo è alto, sembra che ognuno abbia lasciato a casa i propri pensieri.
Passiamo sotto la Punta Parrot (4436m) costeggiando in pianura il bordo di un impressionante crepaccio.
Passiamo poco sotto il Colle Sesia (4299m). La nostra meta è sempre più vicina.


Colle Gnifetti (4454m), siamo solo 100m sotto la vetta.
Effettuiamo l’ultima breve sosta prima dell’assalto finale.
In questo punto succede l’unico evento spiacevole della giornata: mi accorgo che nella mia macchina fotografica non ci sono più le pile.
Chissà in quale parte del ghiacciaio si trovano!?!
Poco male, ho ancora la digitale!
Affrontiamo l’ultimo strappo prima della cima. Forse è il tratto più ripido e più faticoso dell’intero percorso.
Dobbiamo salire lungo una stretta traccia che taglia a mezza costa il ripido pendio. Il ghiaccio è molto duro e la piccozza non entra sempre bene, a volte bisogna infilarla nei buchi formati da altre persone.


Ore 09:55, la vetta.
Vincenzo la Monaca, Antonio di Fulvio, Marcello Borrone, Marco Zuccarini, Massimo Sammartino, Ezio Colanzi ed Alfredo Zuccarini raggiungono la Punta Gnifetti (4554m).
Non nascondo le lacrime che sgorgano involontariamente dai miei increduli occhi. Credo che anche i miei compagni, chi più, chi meno, provino la stessa sensazione.


L’imponente mole della capanna Regina Margherita, il rifugio più alto delle alpi, domina la cima più famosa del gruppo de Monte Rosa.




Ci rechiamo subito sul balconcino che si affaccia sulla mastodontica parete est…


…da dove si può osservare lo straordinario mondo che c’è sotto di noi.


Senza commento.


E che te lo dico a fare!
Ore 10:35, è ora di ripartire.


La discesa fila liscia come l’olio.


La effettuiamo con estrema calma e serenità, tanto più di questo non possiamo fare.


Al ritorno c’è sempre più tempo per fare le fotografie…


…infatti si fotografano cose all’andata neanche si guardano.


Al Colle del Lys c’è la pausa pranzo…


…dove si commenta l’andamento della giornata.


Si riprende a scendere.
Ormai le tracce solcate durante la salita sono veri e propri canali d’irrigazione. L’acqua di scioglimento scorre pacifica lungo queste piste di ghiaccio.


In discesa l’ambiente assume una conformazione diversa (se in salita non ci si volta mai).


Ripassiamo per il tratto ricco di stretti crepacci che, nel frattempo, si sono aperti rendendo il percorso più ostico. Bisogna procedere con le antenne dritte.


Salutiamo per l’ultima volta la Capanna Gnifetti e, più in basso…


…possiamo vedere il rifugio Città di Mantova. (ieri non l’abbiamo visto tanta era la nebbia)




Torniamo a valle ripassando nello splendido ambiente ricco d’acqua.


Si riprende la funivia ed alle 17:20 siamo ad Alagna Valsesia.
A Scopello si bagna con la birra il lieto evento.
Dislivello in salita: 2158m (coperto in 2 giorni).
Dislivello in discesa: come sopra ma in un giorno solo.
Non si può descrivere l’emozione provata durante tutto il tragitto.
Formare un gruppo di amici, pensare di effettuare un’uscita sulle alpi, allenarsi assieme, organizzare tutto per il viaggio e vedere realizzare quello per cui si è tanto lavorato è una grande soddisfazione.
Scrivere questo racconto, dopo che sono passati circa 3 anni, ha risvegliato in me tanti ricordi che nel tempo si erano assopiti, ho rivissuto intensamente quei fantastici momenti di vita di gruppo.
Spero  che chi lo  leggerà, specialmente chi  ha vissuto personalmente questa esperienza, proverà qualcosa.
Un ringraziamento di cuore a tutti quelli che hanno fatto in modo che questo sogno si realizzasse.
Grazie amici.
 
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Articolo del 28 Jun 2003 by Alfredo
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