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26-08-2017 Sivitilli, Giancola, Fantoni Modena
E’ da tempo che sentivo sempre più spesso il nome della via “Fantoni Modena” alla prima spalla del Corno Piccolo.
Chi diceva che era bella, semplice e divertente e chi sosteneva che fosse molto esposta con una cengia stretta e pericolosa da non fare mai più.
C’è un solo modo per valutare la reale difficoltà di quella via…tentare di salirla.
Ovviamente da Chieti si parte sempre alle 04:30! Ormai la domenica non si dorme più!
Ore 06:35, Piana del Laghetto, è l'alba.


Le pareti dei due corni illuminati dal primo sole sono semplicemente uno spettacolo straordinario.


Arrivati alla “Madonnina” di gran carriera, imbocchiamo il sentiero Ventricini fino a dove si incrocia con la traccia che sale verso la base del camino Bonacossa.


Ecco che spunta la nostra parete!
Si vedono due canali paralleli ed obliqui verso destra, quello da percorrere è il sinistro.
Seguiamo la traccia fino quasi alla base delle pareti poi, non andiamo verso il Bonacossa ma dal lato opposto.


Finiti i prati, ci si avvicina intuitivamente all’attacco per esposti passaggi.
Eccoci alla base.


Sfiliamo delicatamente la nuovissima corda singola da 70m del diametro di soli 8,9 mm. Purtroppo è verde e nella foto si confonde con l’erba.
Il primo tiro, non è proprio un tiro ma un canale/camino appoggiato con dei saltini di max III.


Infatti procediamo di conserva.
Dopo circa 60m si arriva ad una biforcazione, se non sbaglio la guida dice di prendere il ramo sinistro. Per sicurezza però, sfilo la fotocopia della relazione che conservo nelle mutande e la osservo insieme al caro trombetta.
Si, si va proprio a sinistra.
Attrezziamo  una “bella” sosta e si parte.
Ora la via si fa un po' più ripida ma non è difficile.


È un camino di III da proteggere (secondo la relazione, anzi, le relazioni) con dadi e friends medio/piccoli. Io quelli ho portato!
“Chissciccise! Dà pinzà nghe la coccia me!”
Perbaccolina! Era meglio se avessi seguito il mio istinto e portare anche qualche protezione più grande!


Vabbè, qui non è difficile e si procede con qualche protezione in meno.
Questo camino muore sotto uno strapiombo. Fine della via.
Scendiamo in doppia e torniamo a Chieti.

W LA MONTAGNA E CHI LA RISPETTA

















No dai, scherzo!
Ci sono un paio di vecchi chiodi per attrezzare una sosta ma preferisco integrare con qualcos’altro.
Si traversa per una quindicina di metri sulla destra fino ad incontrare una parete appoggiata.
La si risale (III) fin sotto una fascia strapiombante.
Qui troviamo un mezzo chiodo “fracico” piantato nel 1865 da Jean Antoine Carrel in persona durante i suoi allenamenti per la conquista del Cervino…ovviamente non è vero.
Anche questa sosta è da integrare, anzi, da rifare.


Ora il passaggio più delicato: si traversa delicatamente sulla sinistra fino a trovare il punto più basso dello strapiombo e poi rimontarlo.


Il passaggio è solo di IV ma l’esposizione è da paura.


Trombetta ride!
Che cavolo ti ridi! Se volo faccio un pendolo da disegnare un sorriso sulla prima spalla!


Il passaggio è strapiombante verso il nulla ma ben appigliato e lo si supera agevolmente.
Ora un tratto di rocce più appoggiate (III) porta alla grande cengia che taglia la parte nord della prima spalla.


Vieni Trombetta, vieni!


La cengia è molto larga e comoda, ci si potrebbe piantare una tenda, anzi un accampamento. Lo potremmo chiamare “Camping Prima Spalla”!
Inoltre qui si trova di tutto: chiodi, spit, fittoni, cavetti d’acciaio, tubi innocenti e punte da trapano.


Si attraversa la cengia verso sinistra fino ad entrare in un bel camino.


È un bel tiro di III ben appigliato e non stancante (all’inizio).


Dovrebbe essere lungo circa 70m.


Dopo circa 60m questo si restringe lasciandomi un po' perplesso.
Vorrei cercare di evitare di infognarmi nell’oscuro cunicolo e penso “bene” (male) di aggirarlo sulla destra in quanto vedo dei chiodi.


È l’inizio della fine!
Come un contorsionista che ha ingoiato una serpe, mi avvinghio, non so come, a quelle rocce e mi ritrovo in spaccata con le spalle al camino (quindi faccia a valle).
Una sbandierata violenta e raggiungo i chiodi sulla parete sinistra (cioè destra).
Li utilizzo per una sosta e ripiglio fiato.


Fotografo l’infinita bellezza di questi incantevoli posti che inglobano la tua mente portandoti in una dimensione spazio/temporale dove lo spirito evade dalla massa corporale la quale rimane così inerme davanti all’eterna giovinezza degli anni che non torneranno più.
Torniamo invece con i piedi per terra.


Ci troviamo ora su una roccia sul lato destro del camino e non nel suo fondo.
Provo a seguire dei chiodi, pensando che sia la via corretta.
Salgo di qualche metro e vedo che per almeno 4 metri non c’è niente che le mie scarse capacità alpinistiche possano definire appiglio.
Di provare un improbabile slancio balistico con l’eventuale possibilità di un volo sopra un chiodo del 1865 non mi va, quindi preferisco appendermi e pendolare sulla sinistra e riprendere così il fondo del camino.
Ora si che va meglio! Sono fuori (non di testa!).
Attorno ad un masso che non sposterebbe neanche la ruspa che ha costruito la diga sul fiume Colorado, avvolgo un bel fettuccione di 15 metri costruendo così la sosta per recuperare il mio compagno di cordata.
Marco quando vuoi!


Anche lui prova a superare il passaggio difficile visto che è da secondo, ma alla fine preferisce non schiattarsi le braccia prima della fine dei giochi e…


…rientra anche lui nel camino.


Ora siamo sotto le ultime placche, alla nostra sinistra abbiamo il camino Sivitilli e ad i nostri piedi, sempre sulla sinistra abbiamo le placche dove corra la via “Attenti alle clessidre”.


Si riparte, un trattino iniziale di IV- e poi III.
Improvvisamente i miei occhi sono illuminati dal sole dopo forse 5 ore di ombra e nella mia testa inizia a suonare una musica lieve che aumenta di volume accompagnata da una batteria ed ecco che scalo al ritmo di “RICCIONE”.
Lo so è un martellamento a cui non voglio pensare ma non riesco a mandarlo via e praticamente salgo ballando.


Con sguardo attonito, mio fratello crede che io abbia fatto uso smodato di bevande alcoliche.


Marco dai, sali tranquillo, qui è tutto a posto!
Seguono placche appoggiate che ci conducono sulla prima spalla.
Qui lasciamo tutto e senza zaini “voliamo” verso la vetta.


Ore 12:45, avvistamento di camosci sul Corno Piccolo.
Giusto una foto e si torna giù con una fame nera.
Cosa tiro fuori dal mio zaino da prestigiatore? Un coniglio? No, una bella lattina di birra che è stata tutta la notte in congelatore.


Alla salute!


Panino e si riparte.


Vogliamo vedere com’è fatta la nuova ferrata Ventricini? Dai andiamo.


Complimenti e grazie a chi l’ha installata.
Quattro stolti sotto di noi la stanno discendendo senza ne casco ne attrezzatura!


Ripassiamo sotto la via appena percorsa ed eccoci di nuovo sul sentiero.


Scendiamo tutti soddisfatti.


Alle 16:00 siamo di nuovo alla macchina.
Bellissima via abbastanza varia: camini, placche, strapiombi, fessure etc.
Da non sottovalutare perché, specialmente nella parte alta, basta una svista per andarsi ad impiccare sopra un VII.
La relazione dice che il camino sommitale è tutto di III ma, o io non ci ho capito niente o sono veramente uno scarsone ma mi ha fatto un po’ abbottare gli occhi e lo valuto di almeno un grado e mezzo superiore.
In ogni caso ci siamo divertiti da pazzi.
Ora tutti al bar dove ci attende quella spumeggiante e ghiacciate bevanda ambrata che ti rinfranca il corpo e l'anima...una bella tazza di the freddo alla pesca!
 
W LA MONTAGNA E CHI LA RISPETTA




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Articolo del 05 Oct 2017 by Alfredo
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