Da poco anche su facebook...cercateci!



Visite:


24-09-2006 Via Saladini-Florio al Corno Piccolo
Dopo un sabato pomeriggio passato ad arrampicare fra le pareti di Pennapiedimonte, mi è venuta voglia di utilizzare le tecniche “arrampicatorie” su una via in montagna.
Si parte da Chieti Scalo alle ore 06:00 a.m. (come al solito è ancora notte!)
Piano del Laghetto o parcheggio di Cima Alta (1650m) ore 08:10.
Il dominatore delle canne di fuoco (Antonio), il brigadiere senza paura (Alessandro) ed il trombone esplosivo (io) s’incamminano lungo il soporifero prato alla volta della Madonnina vicino l’arrivo della seggiovia di Prati di Tivo.
Oggi sono un po’ sfiatato per via del forte raffreddore però, cammino senza lamentarmi.


La giornata è bella, il sole splende, non tira vento, non fa freddo e, cosa più importante, non ci sono ciammajiche (lumache).
Forse, proprio per quest’ultimo motivo, che in circa 45 minuti raggiungiamo la Sacra statuetta protettrice dei frequentatori del luogo.
Prendiamo il sentiero Ventricini che transita sotto la compatta parete nord del Corno Piccolo.
Senza non poche difficoltà (cartine, relazioni, fotografie etc.) riusciamo ad individuare la via da percorrere.


Raggiungiamo, camminando dritto per dritto, il punto più alto dei prati ed iniziamo il “sacro rito” della vestizione.
Caschi, imbrachi, fettucce, chiodi, dadi, friends, cordini, rinvii e chi più ne ha più ne metta…tutto peso sottratto allo zaino e distribuito quasi uniformemente lungo il corpo.
Siamo proprio sotto la mastodontica parete nord del Corno Piccolo: un insieme di canali, fessure, camini, placche più o meno appoggiate, strapiombi, etc…devo dire che sono emozionato.


Il primo tratto è un traverso di II esposto verso sinistra…


…lo affrontiamo in libera e subito ci troviamo ad una biforcazione…bisogna seguire il camino di sinistra.
Alessandro effettua il primo (veramente l’unico) cambio gomme: toglie gli scarponi da trekking ed indossa le scarpette da arrampicata…ha intenzioni bellicose il ragazzo!
Il saggio uomo originario del sud, emigrato a nord e ritornato a sud, impugna la corda, ci guarda con solennità e va da primo…grande Antonio!


Con lo stile di Emilio Comici (famoso alpinista degli anni 30), arrampica fra le gelide rocce dolomitiche, per un ripido canale di III, senza paura, senza pudore, senza pietà e senza…senza…senza attrezzatura!
-“Uè Ndò, addò vì s’ teng’ tutt’ jì?” (Senti Antonio, dove stai andando se tutto il materiale per proteggere la via lo porto dietro io?)
-“Ma sctatt’ zitt’, n’ m’ serv niènt!” (Cerca cortesemente di parlare il meno possibile, in questo momento non ho bisogno di portare addosso tutto quel peso!)
Dopo circa 30m arriva in sosta, senza dire uno straccio di comando, mi sollecita a salire.
Salgo senza problemi (grazie, da secondo, non esistono problemi) incontrando ben due protezioni: due bei chiodazzi inzeppati con classe dove il vecchio saggio non ha dovuto che infilarci solamente i rinvii (allora un paio di rinvii li ha portati!)
Raggiungo l’inventore dello snocciola ciliegie e gli spiego che: quando si arriva in sosta e ci si assicura, si comunica, a colui che è sotto, che può smettere di assicurarlo e di prepararsi a salire. Tutto questo si sintetizza in una semplice frase composta da due parole: “Molla Tutto”. Successivamente, il secondo di cordata, chiede al primo se può salire con una parola: “Vengo?” Se il primo lo ha già assicurato (normalmente con un mezzo barcaiolo) risponde: “Vieni”. Il secondo, conferma la sua salita con: “Vengo!” Solo allora può iniziare ad Arrampicare.
Lo so, la Fara ha avuto un’altra evoluzione alpinistica: più agricola ma più efficace! (non vi preoccupate non sto facendo polemica sto solo sfottendo un po’ Antonio a cui voglio tanto bene).


E’ il turno di Alessandro. Sale così rapidamente che Antonio non gli sta dietro nel recuperare la corda. In men che non si dica arriva in sosta.
-“Uè Alessà, va pian! Facc’ r’pusà nuccun!” (Caro Alessandro, non è necessario correre, abbiamo molto tempo a disposizione e vorremmo utilizzarlo anche per riposarci fra un tiro di corda e l’altro!)
L’arguto Carabiniere, capisce tutto e fa un sorriso ironico come a dire (ma guarda che schiappe! Ogni occasione è buona per riposarsi).
Prima di intraprendere il secondo tiro, cedo ad Antonio un po’ del mio materiale (qualche rinvio ed un paio di friends).
Il provinciale afferra “l’indecifrabile” attrezzo di protezione, lo guarda, mi guarda, lo riguarda e dice: “A me què n’mm’ piac’ p’nniènd’” (secondo il mio umile parere, questo sconosciuto attrezzo, non è molto efficace a ricoprire il ruolo per cui è stato costruito).
Si volta verso la parete ed inizia il secondo tiro di corda.
Arriva ad un passaggio dove è richiesto un maggiore impegno sia fisico che mentale (sulla relazione del mio libro indica un III+ mentre, per un’altra vista su internet è un IV-).
Lo so, la differenza non è molta ma, questo passaggio è di sicuro un po’ più impegnativo di quelli affrontati fin’ora.
Comunque, il nostro eroe, lo supera abilmente e prosegue come un geco fino a quando è costretto a costruire una sosta, causa fine corda.
Tocca a me. Salgo in spaccata lungo il camino (vedo persino un friend infilato in una fessura…Antonio si è impazzito, sta diventando troppo moderno) e arrivo al passaggio chiave: effettivamente è un po’ strano…si tratta di uno di quei rognosi passaggi strettissimi dove devi salire usando la tecnica dell’incastro panza-culo.
Arrivo in sosta (fettuccione attorno ad uno spuntone) e saluto il mio amico.
Alessandro sale a razzo come un pazzo, per fortuna è costretto a recuperare il materiale anzi, impiega un po’ troppo a farlo (per come ci ha abituato). L’ultimo tratto lo percorre praticamente volando (sembra l’uomo ragno!)
Ci raggiunge, guarda il signore delle mille feste e dice: “Andò, ma gna c… li sì mess’ ssù frend!?!?” (Egregio signor Di Fulvio, mi piacerebbe sapere il metodo con cui ha inserito il friend nella fessura in quanto ho avuto notevole difficoltà nel tentativo di estrarlo”.
L’anziano camoscio lo guarda e dice soddisfatto: “ Quand’ è fregn’ què, p’ vedè s’ mandenev’ m’ c’ so ppes’…mandè, mandè” (Questo strumento è proprio efficace, incredulo del suo funzionamento, ho deciso di provarlo appendendomici…tiene proprio bene”


Altro tiro, questa volta è più breve e più semplice, passiamo sulla sinistra di un enorme macigno chiamato “Tetto Giallo” per via della sua forma strapiombante di colore giallo.
Questa volta la sosta è già attrezzata: due “solidi chiodi” con un “resistente” cordino passato due volte, ha l’onore di assicurare il passaggio dei “Camosci d’Abruzzo” ed il loro amico.


Il buon Alessandro, con la sua micro telecamera, immortala tutti i movimenti (spero non quelli sbagliati), tutti i paesaggi e tutti i rumori che sono intorno a noi.
Ultimo tiro, dovrebbe essere il più semplice. E’ comunque sempre un III, però, di grande respiro.
L’ordine non cambia: Antonio, Io ed Alessandro. La sosta, sempre causa fine corda, è stata costruita con una fettuccia infilata in una clessidra da paura…veramente molto solida (non sto scherzando).


Gli ultimi metri del tiro sono veramente esposti…mentre arrampichi non te ne accorgi ma, quando arrivi in sosta e ti volti, vedi un bello spettacolo: solide placche che vanno giù verso le lontane distese erbose che terminano verso i minuscoli (noi li vediamo così) alberghi dei Prati di Tivo.


Usciamo indenni dalla via, ci troviamo subito dopo l’anticima nord.


Proseguiamo di conserva lungo la cresta per solide placche (passi di II).
Ora la nostra andatura è leggermente diminuita a causa del favoloso ambiente che ci circonda. Io effettuo frequenti pause nel tentativo di scaricare le batterie alla macchina fotografica mentre, l’esponente delle Fiamme Argento, fa quasi esplodere la sua telecamera. (chissà come saranno le riprese della nostra “eroica impresa”!?)


Eccola! Si vede, si vede…è proprio la croce!
Ancora pochi passi e, alla ore 12:55, i Camosci: Antonio ed Alfredo insieme all’amico Alessandro raggiungono la cima del Corno Piccolo (2665m).


Un signore che si trova in cima ci scatta cordialmente un foto ricordo.
Chi l’ha detto che solo quando si arriva in cima ad una vetta delle alpi ci si dà la mano? Noi lo facciamo anche qui, è stata una cima conquistata con fatica e con spirito d’avventura ma, la cosa fondamentale è che l’abbiamo sudata assieme (veramente non abbiamo sudato per niente…con questo freddo!) in armonia.
Adesso arriva il bello…non finisce qui!…Si cacciano i panini! Evvivaaa!


Ripartiamo alle 13:20…si, proprio alle 13:20, esattamente 5 minuti oltre il limite stabilito. (L’ex ferroviere mi ha concesso un bonus per riavvolgere la corda...grazie, sono commosso)
Scendiamo lungo la via normale fino ad immetterci nel sentiero attrezzato Pier Paolo Ventricini. (sinceramente non ho tanta voglia di percorrerlo…è un po’noioso, però, se l’altra alternativa è scendere dal rifugio Franchetti, lo faccio volentieri).


Questo bel sentiero attrezzato passa alla base delle pareti delle Spalle e della parete nord.
Peccato che è salita un po’ di nebbia, non possiamo osservare la via che abbiamo effettuato.
Raggiungiamo la Madonnina ed in breve la macchina.
Sono le 16:30 e siamo proprio soddisfatti, le nostre menti sono libere ed i nostri sono stanchi ma rilassati.


Giornata riuscita alla perfezione, devo ringraziare il tempo che ci ha concesso questa bellezza, ringrazio la montagna che si è fatta calpestare ma ringrazio soprattutto i miei compagni senza i quali non sarei andato molto lontano (no, no…non sto a fare le sviolinate, dico solamente la verità).
Come sempre saluto tutti i lettori in particolar modo il neo bi-papà e gli ricordo che deve ancora pagare da bere per festeggiare il lieto evento.
(Vedi Manlio? Io non mi dimentico degli amici, specialmente se hanno dei debiti!)
Ciao.
P.S. La settimana prossima non ci sarò, vado all’Oktoberfest…si, proprio a Monaco di Baviera…lo so che sono astemio, mica è obbligatorio bere!?
Neanche il faccia gialla di Marco sarà presente all’escursione, i suoi motivi sono più nobili, deve finire di scrivere la tesi…ad ottobre si laurea (siete tutti invitati, si beve a scrocco!)
Comunque, il motivo di questa breve postilla è che se noi non ci saremo, chi scriverà il resoconto dell’uscita di domenica prossima?
Vediamo un po’…Antonio non sa neanche accendere il computer, no,no lasciamo perdere…Giustino…Giustino oltre che a non saper accendere il computer, non sa neanche scrivere (s è per questo neanche io!).
Attilio è disperso per il mondo a cavallo della sua bici che sa fare le fotografie.
Manlio deve adempiere al suo dovere di neo bi-papà.
Allora chi...chi…ma si! Ecco chi può, anzi, chi deve scrivere il rapporto: l’unico, il mitico, l’inimitabile Barone Rosso.
Chi più di lui ha le capacità linguistico-letterarie per coinvolgere nella lettura le grandi masse, è per merito suo che io ho l’onore di scrivere su questo prestigioso sito.
Barò, faccio un appello: domenica prossima partecipa all’escursione dei Camosci, fai le foto, memorizza tutto e, quando torni a casa, scrivi quello che è successo.
Certo della tua disponibilità ti saluto distintamente.


2 Commenti
Articolo del 27 Sep 2006 by Alfredo
by Attilio @ 29 Sep 2006 08:34 pm
L'ultima foto con i boccali di birra è stupenda, da pubblicità.
ciao
by camosciojustin @ 30 Sep 2006 01:02 am
Caro Alfredo sei sempre un fregno a privarmi delle uscite che più preferisco - facciamo i conti appena possibile. Comunque complimenti per l'ascesa (la riferemo tu ed io ...anche di notte se occorre)se eravate in tre perchè i boccali sono quattro?
Col dialetto sei diventato un mostro.
Non temere per la relezione di domenica prossima...di sicuro nn sarò io a scriverla, andhe perchè sono impegnato con le ciammajiche emm i funghi per diverse domeniche - forse ci vediamo per la neve.
leggi la posta tua CIAV'E'
Nome:
E-mail: (opzionale)
Smile: smile wink wassat tongue laughing sad angry crying 

| Cancella coockie


2005/2011 Camosci d'Abruzzo - Content management powered by CuteNews