Dopo un sabato pomeriggio passato ad arrampicare fra le pareti di
Pennapiedimonte, mi è venuta voglia di utilizzare le tecniche
“arrampicatorie” su una via in montagna.
Si parte da Chieti Scalo alle ore 06:00 a.m. (come al solito è ancora notte!)
Piano del Laghetto o parcheggio di Cima Alta (1650m) ore 08:10.
Il dominatore delle canne di fuoco (Antonio), il brigadiere senza paura
(Alessandro) ed il trombone esplosivo (io) s’incamminano lungo il
soporifero prato alla volta della Madonnina vicino l’arrivo della
seggiovia di Prati di Tivo.
Oggi sono un po’ sfiatato per via del forte raffreddore però, cammino senza lamentarmi.
La giornata è bella, il sole splende, non tira vento, non fa freddo e, cosa più importante, non ci sono ciammajiche (lumache).
Forse, proprio per quest’ultimo motivo, che in circa 45 minuti
raggiungiamo la Sacra statuetta protettrice dei frequentatori del luogo.
Prendiamo il sentiero Ventricini che transita sotto la compatta parete nord del Corno Piccolo.
Senza non poche difficoltà (cartine, relazioni, fotografie etc.) riusciamo ad individuare la via da percorrere.
Raggiungiamo, camminando dritto per dritto, il punto più alto dei prati ed iniziamo il “sacro rito” della vestizione.
Caschi, imbrachi, fettucce, chiodi, dadi, friends, cordini, rinvii e
chi più ne ha più ne metta…tutto peso sottratto allo zaino e
distribuito quasi uniformemente lungo il corpo.
Siamo proprio sotto la mastodontica parete nord del Corno Piccolo: un
insieme di canali, fessure, camini, placche più o meno appoggiate,
strapiombi, etc…devo dire che sono emozionato.
Il primo tratto è un traverso di II esposto verso sinistra…
…lo affrontiamo in libera e subito ci troviamo ad una biforcazione…bisogna seguire il camino di sinistra.
Alessandro effettua il primo (veramente l’unico) cambio gomme: toglie
gli scarponi da trekking ed indossa le scarpette da arrampicata…ha
intenzioni bellicose il ragazzo!
Il saggio uomo originario del sud, emigrato a nord e ritornato a sud,
impugna la corda, ci guarda con solennità e va da primo…grande Antonio!
Con
lo stile di Emilio Comici (famoso alpinista degli anni 30), arrampica
fra le gelide rocce dolomitiche, per un ripido canale di III,
senza paura, senza pudore, senza pietà e senza…senza…senza attrezzatura!
-“Uè Ndò, addò vì s’ teng’ tutt’ jì?” (Senti Antonio, dove stai andando
se tutto il materiale per proteggere la via lo porto dietro io?)
-“Ma sctatt’ zitt’, n’ m’ serv niènt!” (Cerca cortesemente di parlare
il meno possibile, in questo momento non ho bisogno di portare addosso
tutto quel peso!)
Dopo circa 30m arriva in sosta, senza dire uno straccio di comando, mi sollecita a salire.
Salgo senza problemi (grazie, da secondo, non esistono problemi)
incontrando ben due protezioni: due bei chiodazzi inzeppati con classe
dove il vecchio saggio non ha dovuto che infilarci solamente i rinvii
(allora un paio di rinvii li ha portati!)
Raggiungo l’inventore dello snocciola ciliegie e gli spiego che: quando
si arriva in sosta e ci si assicura, si comunica, a colui che è sotto,
che può smettere di assicurarlo e di prepararsi a salire. Tutto questo
si sintetizza in una semplice frase composta da due parole: “Molla
Tutto”. Successivamente, il secondo di cordata, chiede al primo se può
salire con una parola: “Vengo?” Se il primo lo ha già assicurato
(normalmente con un mezzo barcaiolo) risponde: “Vieni”. Il secondo,
conferma la sua salita con: “Vengo!” Solo allora può iniziare ad
Arrampicare.
Lo so, la Fara ha avuto un’altra evoluzione alpinistica: più agricola
ma più efficace! (non vi preoccupate non sto facendo polemica sto solo
sfottendo un po’ Antonio a cui voglio tanto bene).
E’ il turno di Alessandro. Sale così rapidamente che Antonio non gli
sta dietro nel recuperare la corda. In men che non si dica arriva in
sosta.
-“Uè Alessà, va pian! Facc’ r’pusà nuccun!” (Caro Alessandro, non è
necessario correre, abbiamo molto tempo a disposizione e vorremmo
utilizzarlo anche per riposarci fra un tiro di corda e l’altro!)
L’arguto Carabiniere, capisce tutto e fa un sorriso ironico come a dire
(ma guarda che schiappe! Ogni occasione è buona per riposarsi).
Prima di intraprendere il secondo tiro, cedo ad Antonio un po’ del mio materiale (qualche rinvio ed un paio di friends).
Il provinciale afferra “l’indecifrabile” attrezzo di protezione, lo
guarda, mi guarda, lo riguarda e dice: “A me què n’mm’ piac’ p’nniènd’”
(secondo il mio umile parere, questo sconosciuto attrezzo, non è molto
efficace a ricoprire il ruolo per cui è stato costruito).
Si volta verso la parete ed inizia il secondo tiro di corda.
Arriva ad un passaggio dove è richiesto un maggiore impegno sia fisico
che mentale (sulla relazione del mio libro indica un III+ mentre, per
un’altra vista su internet è un IV-).
Lo so, la differenza non è molta ma, questo passaggio è di sicuro un po’ più impegnativo di quelli affrontati fin’ora.
Comunque, il nostro eroe, lo supera abilmente e prosegue come un geco
fino a quando è costretto a costruire una sosta, causa fine corda.
Tocca a me. Salgo in spaccata lungo il camino (vedo persino un friend
infilato in una fessura…Antonio si è impazzito, sta diventando troppo
moderno) e arrivo al passaggio chiave: effettivamente è un po’
strano…si tratta di uno di quei rognosi passaggi strettissimi dove devi
salire usando la tecnica dell’incastro panza-culo.
Arrivo in sosta (fettuccione attorno ad uno spuntone) e saluto il mio amico.
Alessandro sale a razzo come un pazzo, per fortuna è costretto a
recuperare il materiale anzi, impiega un po’ troppo a farlo (per come
ci ha abituato). L’ultimo tratto lo percorre praticamente volando
(sembra l’uomo ragno!)
Ci raggiunge, guarda il signore delle mille feste e dice: “Andò, ma gna
c… li sì mess’ ssù frend!?!?” (Egregio signor Di Fulvio, mi piacerebbe
sapere il metodo con cui ha inserito il friend nella fessura in quanto
ho avuto notevole difficoltà nel tentativo di estrarlo”.
L’anziano camoscio lo guarda e dice soddisfatto: “ Quand’ è fregn’ què,
p’ vedè s’ mandenev’ m’ c’ so ppes’…mandè, mandè” (Questo strumento è
proprio efficace, incredulo del suo funzionamento, ho deciso di
provarlo appendendomici…tiene proprio bene”
Altro tiro, questa volta è più breve e più semplice, passiamo sulla
sinistra di un enorme macigno chiamato “Tetto Giallo” per via della sua
forma strapiombante di colore giallo.
Questa volta la sosta è già attrezzata: due “solidi chiodi” con un
“resistente” cordino passato due volte, ha l’onore di assicurare il
passaggio dei “Camosci d’Abruzzo” ed il loro amico.
Il buon Alessandro, con la sua micro telecamera, immortala tutti i
movimenti (spero non quelli sbagliati), tutti i paesaggi e tutti i
rumori che sono intorno a noi.
Ultimo tiro, dovrebbe essere il più semplice. E’ comunque sempre un III, però, di grande respiro.
L’ordine non cambia: Antonio, Io ed Alessandro. La sosta, sempre causa
fine corda, è stata costruita con una fettuccia infilata in una
clessidra da paura…veramente molto solida (non sto scherzando).
Gli ultimi metri del tiro sono veramente esposti…mentre arrampichi non
te ne accorgi ma, quando arrivi in sosta e ti volti, vedi un bello
spettacolo: solide placche che vanno giù verso le lontane distese
erbose che terminano verso i minuscoli (noi li vediamo così) alberghi
dei Prati di Tivo.
Usciamo indenni dalla via, ci troviamo subito dopo l’anticima nord.
Proseguiamo di conserva lungo la cresta per solide placche (passi di II).
Ora la nostra andatura è leggermente diminuita a causa del favoloso
ambiente che ci circonda. Io effettuo frequenti pause nel tentativo di
scaricare le batterie alla macchina fotografica mentre, l’esponente
delle Fiamme Argento, fa quasi esplodere la sua telecamera. (chissà
come saranno le riprese della nostra “eroica impresa”!?)
Eccola! Si vede, si vede…è proprio la croce!
Ancora pochi passi e, alla ore 12:55, i Camosci: Antonio ed Alfredo
insieme all’amico Alessandro raggiungono la cima del Corno Piccolo
(2665m).
Un signore che si trova in cima ci scatta cordialmente un foto ricordo.
Chi l’ha detto che solo quando si arriva in cima ad una vetta delle
alpi ci si dà la mano? Noi lo facciamo anche qui, è stata una cima
conquistata con fatica e con spirito d’avventura ma, la cosa
fondamentale è che l’abbiamo sudata assieme (veramente non abbiamo
sudato per niente…con questo freddo!) in armonia.
Adesso arriva il bello…non finisce qui!…Si cacciano i panini! Evvivaaa!
Ripartiamo alle 13:20…si, proprio alle 13:20, esattamente 5 minuti
oltre il limite stabilito. (L’ex ferroviere mi ha concesso un bonus per
riavvolgere la corda...grazie, sono commosso)
Scendiamo lungo la via normale fino ad immetterci nel sentiero
attrezzato Pier Paolo Ventricini. (sinceramente non ho tanta voglia di
percorrerlo…è un po’noioso, però, se l’altra alternativa è scendere dal
rifugio Franchetti, lo faccio volentieri).
Questo bel sentiero attrezzato passa alla base delle pareti delle Spalle e della parete nord.
Peccato che è salita un po’ di nebbia, non possiamo osservare la via che abbiamo effettuato.
Raggiungiamo la Madonnina ed in breve la macchina.
Sono le 16:30 e siamo proprio soddisfatti, le nostre menti sono libere ed i nostri sono stanchi ma rilassati.
Giornata riuscita alla perfezione, devo ringraziare il tempo che ci ha
concesso questa bellezza, ringrazio la montagna che si è fatta
calpestare ma ringrazio soprattutto i miei compagni senza i quali non
sarei andato molto lontano (no, no…non sto a fare le sviolinate, dico
solamente la verità).
Come sempre saluto tutti i lettori in particolar modo il neo bi-papà e
gli ricordo che deve ancora pagare da bere per festeggiare il lieto
evento.
(Vedi Manlio? Io non mi dimentico degli amici, specialmente se hanno dei debiti!)
Ciao.
P.S. La settimana prossima non ci sarò, vado all’Oktoberfest…si,
proprio a Monaco di Baviera…lo so che sono astemio, mica è obbligatorio
bere!?
Neanche il faccia gialla di Marco sarà presente all’escursione, i suoi
motivi sono più nobili, deve finire di scrivere la tesi…ad ottobre si
laurea (siete tutti invitati, si beve a scrocco!)
Comunque, il motivo di questa breve postilla è che se noi non ci
saremo, chi scriverà il resoconto dell’uscita di domenica prossima?
Vediamo un po’…Antonio non sa neanche accendere il computer, no,no
lasciamo perdere…Giustino…Giustino oltre che a non saper accendere il
computer, non sa neanche scrivere (s è per questo neanche io!).
Attilio è disperso per il mondo a cavallo della sua bici che sa fare le fotografie.
Manlio deve adempiere al suo dovere di neo bi-papà.
Allora chi...chi…ma si! Ecco chi può, anzi, chi deve scrivere il rapporto: l’unico, il mitico, l’inimitabile Barone Rosso.
Chi più di lui ha le capacità linguistico-letterarie per coinvolgere
nella lettura le grandi masse, è per merito suo che io ho l’onore di
scrivere su questo prestigioso sito.
Barò, faccio un appello: domenica prossima partecipa all’escursione dei
Camosci, fai le foto, memorizza tutto e, quando torni a casa, scrivi
quello che è successo.
Certo della tua disponibilità ti saluto distintamente.