E vai! Dopo qualche settimana di pausa, lo zoccolo duro del gruppo “Camosci d’Abruzzo” torna a far danni.
Questa volta è il “Pizzo Intermesoli” (2635m) ad avere l’onore di essere calpestato da noi.
Pietracamela (TE) ore 06:30.
Un gruppetto di escursionisti, provenienti dalle terre del teatino, si
addentra nei gelidi viottoli dello sperduto paesino mentre viene
illuminato dalle prime (facciamo dalle seconde) luci dell’alba.
Dai su, senza fare troppi giri di parole, il gruppetto siamo noi: Ndonje, Jusctin, Marc’ e Jè.
Nel bel mezzo del centro abitato, in questo momento disabitato, ci sono
dei cartelli che indicano un sentiero (un sentiero, non il
sentiero…quello che dobbiamo prendere noi), li seguiamo ed in poco
tempo siamo fuori dalle mura del paese. Ci ritroviamo a camminare su
una sterrata dove ci sono i simboli della Via Crucis. Molto bello e
caratteristico, andiamo avanti, attraversiamo un torrente su un
ponticello ed arriviamo ad altri cartelli che, con segnali bianco
rossi, indicano il sentiero 148 per Intermesoli ed un altro senza
numero per Rio Arno.
Noi dobbiamo salire sul Pizzo Intermesoli mentre, quello indicato dal cartello, è il paese chiamato Intermesoli.
Comunque, non avendo incontrato altri sentieri o segnalazioni, pensiamo che più avanti ci siano dei bivi con cartelli.
Andiamo avanti in leggera discesa e dopo circa un quarto d’ora incontriamo effettivamente un bivio con due cartelli.
Menomale, adesso si che cominciamo a ragionare.
Cartello con freccia a sinistra: Intermesoli 30min, sorgenti Rio Arno 1,30h.
Cartello con freccia a destra: Intermesoli 15min.
Che bello, siamo contenti. La nostra cartina indica il sentiero 15 e sul cartello c’è 148.
Nessun problema, ormai è noto che i parchi rinominano i sentieri CAI a
loro piacimento, seguiamo perciò l’indicazione per le sorgenti.
Man mano che andiamo avanti, la traccia si fa via via sempre meno evidente ed a volte si perde completamente.
Per fortuna abbiamo con noi l’uomo delle feste di paese, il mangiatore
di cipolle, colui che collabora alla costruzione di mastodontici fasci
di canne che verranno poi incendiati, l’inventore degli oggetti
assurdi, l’uomo che tutti vorremmo come padre: Mr. Antonio Di Fulvio.
Come un capo indiano che guida la sua tribù, assume un atteggiamento da cane da caccia, e ritrova abilmente la retta via.
Come per incanto sbuchiamo sul Colle dell’Asino (1472m), una vasta
radura colma di ginepri ove si scoprono le vette incantate che ci
circondano: il massiccio Corno Piccolo/Grande, le vette dell’
Intermesoli, il Monte Corvo, la Laga, i monti Gemelli etc.
La zona è veramente stupenda…peccato che mancano ancora 1000 metri di dislivello!
Il sentiero non è molto evidente in quanto vi sono tracce dappertutto
però, la vetta è ben visibile davanti a noi e puntiamo dritto…talmente
dritto da non seguire nemmeno le tracce fra i ginepri.
Ad un certo
punto Giustino dice: “Ndò, sctì sbaià, p’ jì addiritt’ sa dà saje
ammond a ch’ lu fagge!” (Egregio signor Antonio, credo che stia
commettendo un errore, per far si che la nostra direzione sia
rettilinea, è necessario arrampicare, scavalcare il faggio che ci si
presenta davanti e riscendere dall’altro lato.)
Perdiamo
leggermente quota ed entriamo in una valle con dei prati verdi da
favola, come al solito le tracce non sono visibili e, per via
intuitiva, entriamo nel bosco e iniziamo una ripida salita.
Dopo circa mezz’ora, riusciamo allo scoperto e ci appare davanti un
ripidissimo prato assolato con al centro una sterminata pietraia: “Alla
faccia!”
Con la coda tra le gambe iniziamo rassegnati la faticosa salita.
Il delinquente, faccia gialla, doppiogiochista di Giustino, adotta un
passo da assassino. Passa sul prato subito a sinistra della pietraia
camminando alla velocità del suono. (fino a poco fa diceva di non
essere in forma, di aver scelto il giorno sbagliato, di avere le cose
sue etc.)
Mio fratello invece, ha optato di salire sul prato a destra della pietraia.
Anche lui adotta il passo sociale.
Io ed Antonio, non badiamo dove passare e rimaniamo indietro al centro
della pietraia. La nostra andatura è rallentata parecchio dal fondo
sdrucciolevole.
Arriviamo sfiatati alle rocce al termine del prato ed effettuiamo una pausa tecnica.
Il sole cocente e l’assenza di vento mi obbligano ad effettuare la
trasformazione: tolgo i jeans ed indosso un costosissimo paio di
pantaloncini (2,00 €), sostituisco la maglietta con una canottiera da
corsa ed infine incorono il mio capo con una sgargiante bandana gialla
come il re dei montanari.
Riprendiamo il cammino, oltrepassiamo le
rocce finali e…e…ci accorgiamo che non sono affatto finali: un’altra
ripida assolata e noiosa salita ci attende.
Arriviamo finalmente alla fine (fine?) della salita e ci portiamo sul
filo di cresta. In questo modo si scopre anche l’altro versante, cioè
quello da dove dovevamo salire. Comunque era altrettanto ripido (la
volpe e l’uva).
Proseguiamo in salita (si, ancora salita) ma meno ripida, fra massi giganti e rocce smosse fino a raggiungere la croce.
Ore 12:30, vetta settentrionale del Pizzo Intermesoli (2483m).
Uno spuntino, due foto, tre fesserie, quattro camosci e, alle 12:55, ripartiamo alla volta della vetta più alta.
Scendiamo per un centinaio di metri per sfasciumi, arriviamo alla sella
e risaliamo, sotto un sole feroce, su un terreno ricco di sassi
friabili, rocce rotte, ghiaie ghiaiose e terra smossa, in pratica ci
facciamo un tarallo come quello di Penne!
Dietro di noi ci lasciamo le impressionanti ma friabilissime pareti della vetta settentrionale.
La salita è dura ma la fatica viene alleviata da quel casinaro di
Giustino, dalle lezioni di cucina del festaiolo di Antonio e dai
giochi pirotecnici di Marco.
In men che non si dica siamo in vetta, ore 13:45, Pizzo Intermesoli (2635m).
Una sosta per riprendere conoscenza e ci tuffiamo a capofitto verso la Sella dei Grilli.
A capofitto il cavolo! Il terreno è così accidentato e friabile che bisogna andarci con i piedi di piombo.
Non è semplice scendere di qui senza cadere almeno mezza volta, ad ogni
passo scende a valle un “metro cubo” di detriti, ma noi, siccome siamo
dei fregni (delle persone molto brave), riusciamo ad arrivare in fondo
illesi, senza arrecare danni alle persone sottostanti (non c’è nessuno)
e senza cambiare troppo i connotati alla montagna.
Arriviamo alla Sella dei Grilli (2220m), fotografiamo alcune vacche al pascolo e riprendiamo a scendere verso la Val Maone.
Questa volta la discesa è molto più tranquilla anzi, è proprio
divertente in quanto la seconda metà di sentiero è formata da un
ghiaione molto sfizioso.
Giungiamo in Val Maone,
dove al centro c’è un bastone,
su cui un tempo c’era un cartello,
invece adesso c’è un uccello,
l’uccellino vola su,
e noi invece andiamo giù.
Passiamo fra gli imponenti pilastri dell’Intermesoli (a sinistra) e le
pareti del Corno Piccolo (a sinistra). L’ambiente è veramente maestoso
però, non c’è un’ anima viva.
La maggior parte degli escursionisti
del Gran Sasso si limita a raggiungere le vette più famose e,
soprattutto, più semplici da raggiungere ma, non è detto che siano
sempre le più belle.
Non voglio fare il presuntuoso ma, se per
esempio esaminiamo la leggenda di Davide e Golia, sappiamo che il
gigante è più forte però, bisogna prendere in considerazione che il
piccoletto è più furbo perciò, messi a confronto, Ulisse riesce a
sconfiggere Polifemo approfittando del fatto che si trova in stato di
ebbrezza come quando ti fermano i carabinieri e ti fanno soffiare
l’etilometro che puntualmente si squaglia come un cubetto di ghiaccio
dentro il forno di un porchettaro alla festa patronale di Fara.
In poche parole…lasciamo perdere.
Proseguiamo la lunghissima discesa all’interno di questa magnifica valle ed arriviamo al bivio per le cascate del Rio Arno.
Giriamo a sinistra e scendiamo nel ripido bosco per un sentiero poco
segnato. Il ripido bosco, poco dopo, diventa il pianeggiante bosco:
dobbiamo scendere ancora di 300m ma, con questa pendenza è un po’ dura.
La vegetazione è si molto bella ma, se dura troppo anche il pesce
inizia a puzzare come gli ospiti provenienti dall’Australia che si
insediano dentro casa tua e ti schiavizzano fino far scattare la
fatidica molla all’interno del cervelletto che istintivamente porta al
compimento del più insospettabile ed efferato degli omicidi.
In questo caso l’omicidio non avviene però qualcosa in noi sta morendo…la pazienza.
Percorriamo un’infinita sterrata e, quando meno te lo aspetti, ecco che
si scoprono alcuni tetti, sembrano tante barche con la vela, ma invece
è finalmente Pietracamela.
Finita la mulattiera percorriamo una via
chiamata Aquilotti, si, proprio loro, i celeberrimi Aquilotti di
Pietracamela, i conquistatori dell’abominevole parete nord del Monte
Camicia.
Lo so, potrà sembrare una stupidaggine, ma passare fra queste mura ricche di storia alpinistica mi provoca una certa emozione.
C’è un bivio con un cartello che indica alcuni dipinti antichi ma non è
la nostra destinazione e proseguiamo dritti. Poco dopo incontriamo dei
turisti che ci chiedono: “Distano molto i dipinti?”
Antonio: “Non lo so, proveniamo da un’altra parte.”
Turista: “Si trovano alla fine delle scale?”
Antonio: “Non saprei, non siamo passati di li.”
Turista: “Come sono? Sono belli?”
Antonio: “Si, veramente bellissimi!”
Andiamo avanti per i vicoli del paese ed in men che non si dica (ore
16:45) torniamo all’azzurra automobile che ci attende sotto un sole
bestiale pronta per cucinare quattro gustose persone.
Escursione
bella e tosta di circa 1700m di dislivello e di 10 ore di marcia, lungo
il percorso non abbiamo trovato un rifugio manco a pagarlo, l’acqua non
esiste, l’abbiamo trovata solo verso la fine alle sorgenti del Rio Arno.
27
anni il fratellino ha compiuto e due birre abbiam bevuto, dopo la tazza
siam dovuti scappare e verso casa di corsa tornare.
Non fate caso alle coniugazioni ed ai tempi sbagliati…sono gerghi poetici.
Come sempre saluto i Camosci ed anche i nostri "numerosissimi" lettori.