Calda e afosa domenica di fine luglio. Pensiamo che ci siano tutte le
condizioni per effettuare la traversata alpinistica delle tre vette del
Gran Sasso.
Il nostro caro amico e maestro Antonio, reduce da una cena di
matrimonio, non riesce a presentarsi all’appuntamento sotto casa mia
prima delle 06:00 am.
L’orario di partenza non è tardo ma neanche presto.
Albergo di Campo Imperatore (2100m) ore 07:45, Antonio, Marco ed io ci
avviamo verso il sentiero che conduce alla sella di Monte Aquila
(2335m).
A “passo sociale” raggiungiamo la sella, poi saliamo ad
un’altra sella…quella del Brecciaio (2506m), oltrepassiamo il passo del
Cannone (2679m) e costeggiando il ghiacciaio del Calderone…
…arriviamo all’attacco della via normale della vetta orientale.
Per facili ed instabili rocce, alle 10:25, raggiungiamo in breve la cima (2903m).
Indossiamo caschi ed imbrachi, foto di vetta e, alle 10:30, si riparte.
Per un canale molto ma molto sfasciato, che si trova poco a destra del filo di cresta, scendiamo alla Forchetta Sivitilli.
La roccia è fracica (marcia) e bisogna adottare la teoria di Antonio: bisogna evitare di stancare l’appiglio.
I passaggi non sono difficili ma, molto delicati ed a volte esposti.
L’aragosta, il salmone, i gamberetti, il risotto, il prosecco etc.
della sera precedente iniziano a fare il loro effetto su Antonio:
sembra una furia scatenata, arrampica come una scimmia e non si ferma
mai.
Anche io dovrei mangiare roba del genere il sabato sera!
Seguiamo un’aerea crestina ed, alle 11:00, arriviamo sulla vetta Centrale (2893m).
Tradizionale foto con autoscatto (la macchina fotografica la sistema il
signore che abita nell’ombelico del mondo posizionandola su una
piramide di sassi ovoidali trovando un equilibrio instabile pazzesco.
Solo il vento riesce a tenere ferma la macchinetta sbilanciata a
destra)…anzi due e di nuovo a scendere.
Seguiamo i bolli rossi che
portano ad un canalino, vertiginosamente rovinato, lo seguiamo con
estrema cautela, passiamo sotto ad un masso che lo ostruisce, superiamo
un saltino, risaliamo un tratto di sentiero ed eccoci arrivati alla
forchetta Gualerzi (2840m).
Per facili rocce raggiungiamo la cima del Torrione Cambi (2875m).
Ore 11:30, sul quaderno di vetta annotiamo i nostri nomi e la via che stiamo effettuando.
Proseguendo in direzione della vetta occidentale, giungiamo ad un canale che bisogna riscendere in corda doppia.
Fortunatamente le soste sono attrezzate.
Estraggo dallo zaino la mia “scintillante corda dorata” (in questi casi
è la mia migliore amica), la infilo nell’anello di sosta e via, inizio
la prima calata.
E’ il turno di uno degli esponenti del comitato feste di un paese lungo la valle del Foro.
Infine tocca al rumoroso Marco.
Il cielo diventa pian piano sempre più grigio e minaccioso: “Bha…speriamo bene!”
Secondo tiro di corda doppia. Si sentono alcuni poco rassicuranti
rumori di scariche elettriche provenienti dall’alto (certe lecine!).
Ultima calata in doppia e raggiungiamo la forchetta del Calderone (2790m).
Ore 12:25, il grande capo, con voce tonante, esclama: “Voglio vedere da
dove provengono questi tuoni! E’ molto probabile che si trovino lontano
anche se li sentiamo molto forti”, si affaccia sul versante del
Calderone e, proprio accanto al Corno Piccolo, ecco una linea
irregolare e luminescente che si scaglia al suolo.
Il buon signore si gira di scatto verso di me e, con un eloquente gesto, mi dice: “Iamè!”
Ritiriamo la corda e scendiamo disarrampincando (non so se il termine è
corretto ma, rende l’idea) lungo il canale che porta sul sentiero per
il bivacco Bafile.
Questo è forse il momento più emozionante e
pericoloso dell’intera giornata: inizia a piovere, la roccia si bagna e
spesso si sentono certi tirricini (tuoni) da crepare le orecchie.
La situazione non è molto allegra, ma basta mantenere la calma.
Scendiamo con molta prudenza e molta velocità lungo i facili passaggi
di roccia bagnata con i sillustri (fulmini) che c’illuminano la via.
In meno di mezz’ora raggiungiamo il sentiero e lo percorriamo in direzione Sassone.
La pioggia si calma, i fulmini anche ma il cielo sembra non cambiare colore.
Percorriamo agilmente i tratti attrezzati del sentiero e finalmente raggiungiamo il Sassone (2500m).
Ora bisogna solo scendere per un comodo sentiero (però sempre in campana).
Il cielo sopra il Corno Grande è tornato limpido “Ma vai al diavolo!”
Comunque tutt’intorno è ancora molto nuvoloso e fulminoso.
Torniamo a sella di monte Aquila e bisogna fare la fila per imboccare il sentiero (purtroppo non abbiamo il Telepass).
Come dei tranquilli pensionati, percorriamo lo stretto sentiero a passo di testuggine su una sedia a rotelle.
Il caro amico del paese famoso per le canne bruciate, ricorda
l’aragosta della sera prima e lancia la volata: sorpassa prima un
signore di circa novantacinque anni con la prostata ingrossata, poi una
donna incinta di otto mesi e mezzo, poi un omone di circa
centonovantatre chili ed in fine trova un muro insormontabile: una
compagnia di vecchierelli tedeschi con le birre in mano in ritorno da
un pic-nic d’alta quota.
“Freeeeeect! E mo? Addo’ j’ mett man’?”” (Caspiterina! Ed ora? Quale espediente potrò inventarmi?)
Il canuto signore farese inizia a tagliare da incosciente le
curve sorpassando pian piano l’arzillo gruppetto. Noi lo seguiamo.
(Non vi preoccupate, non mi permetterei mai di burlarmi di persone
sconosciute, ho inventato tutto però, la fila c'era e l'abbiamo
oltrepassata disonestamente.)
Intanto ricomincia a piovere ma l’evento non ci tocca minimamente.
Alle 14:00 torniamo tutti mbuss’ (bagnati) all’albergo di Campo Imperatore.
Uscita incompleta ma non per questo non mi è piaciuta anzi, è stata più
bella in quanto abbiamo provato “l’emozione” (adesso si chiama così) di
una ritirata lampo causa lampi.
Ciao a tutti.