Finalmente, era ora! Dopo quasi due anni siamo tornati a calpestare la
vetta di un 4000. (L'ultimo è stato il Monte Bianco nel 2004).
Con un gruppo fantastico siamo partiti da Chieti (uno di noi da Fara) alla conquista del Castore (4228m).
30-06-06
Arriviamo, dopo una nottata passata in macchina, a Stafal (o Staffal)
(località vicino Gressoney la Trinitè (Valle d’Aosta))
Ci spogliamo dei nostri abiti borghesi e indossiamo le “uniformi da guerra”.
Facciamo i biglietti per gli impianti di risalita della “Bettaforca” e
ci accingiamo, con passo lento e sicuro, a salire la gradinata che
porta all’ingresso della funivia.
Percorriamo i due tratti di impianti: il primo in cabinovia, il secondo in seggiovia.
Ore 09:15 Colle di Bettaforca (2672m).
Iniziamo a camminare, con gli zaini colmi di schifezze varie, inizialmente per la sterrata, poi per sentiero sfasciato.
Lungo il percorso si parla dei più svariati argomenti quando, ad un
certo punto, lancio una sfida: bisogna cercare di parlare per almeno
un’ora in italiano e senza volgarità, il primo che sbaglia paga da bere.
Giustino, per evitare di sbagliare, diventa muto.
Dopo circa cinque minuti di discorsi forzatamente in italiano (quasi)
corretto, ci rompiamo le scatole e ricominciamo a parlare in letamaiese.
Passiamo fra: massi granitici, ruscelli di scioglimento, residui di
neve e ghiaioni fino a raggiungere la cresta finale protetta da una
fune gigante.
Bisogna oltrepassare persino un, non molto scenografico, ponticello di legno che collega due guglie lungo il filo di cresta.
Si vede la fine della capezza (cordone solitamente di canapa) e subito dopo la bandiera davanti al rifugio.
Ore 12:50 rifugio Quintino Sella (3585m)
L’ambiente è a dir poco straordinario, forse il più panoramico dei rifugi da noi visitati.
Ad est abbiamo: il ghiacciaio del Lys, la cresta del Naso ed in fondo si scorge il rifugio “Città di Mantova”.
Dal “Mantova”, seguendo la cresta a salire, si incontra la “Piramide
Vincent” (4215m), il “Balmenhorn” con sopra il “Cristo delle vette”
(4167m), il “Corno Nero” (4322m) ed il “Ludwigshoe” (4342m).
A nord: il “Castore” (4228m), il “Lyskamm occidentale” (4477m) ed il “Lyskamm orientale” (4527m).
Ad ovest, in lontananza, si vede l’imponente mole del “Matterhorn” o, in gergo familiare, “Cervino” (4478m).
Per non parlare delle altre lontane vette che ci circondano: “Gran
Paradiso”, “Monte Bianco” etc…(gli altri nomi non li conosco).
Dopo circa mezz’ora (5 minuti) per ammirare il mondo che ci circonda entriamo nel rifugio.
Il grande capo (Antonio) s’interna nei meandri della costruzione e sparisce.
Qualche minuto dopo esce fuori e convoca una riunione.
Parla della possibilità di salire sul Lyskamm occid. invece che sul Castore.
Rimaniamo perplessi per qualche secondo poi, le nostre facce
s’illuminano d’immenso, le gambe iniziano a fremere e qualche confuso
verso animalesco, seguito da bava, esce dalle bocche distorte
dall’emozione.
Praticamente significa si.
Consumiamo con estrema rilassatezza il meritato panino che ha viaggiato con noi per circa 800 Km (780 per la precisione)
Con l’inno di Mameli che esce dalle corde vocali (la sera si gioca il
quarto di finale Italia-Ucraina) ammazziamo il tempo fino all’ora di
cena.
Ore 19:00, ora di cena.
Mentre noi prendiamo delle conchiglie alla “puttanesca”, il prode
Antonio degusta un fantastico brodo di dado con pezzi di pane a bagno
(beato lui!).
Dopo il lauto pasto usciamo per ammirare il tramonto.
Rientriamo nel rifugio e, dopo aver visto il primo tempo della partita (1 a 0 per l’Italia) si va a dormire.
01-07-2006
Ore 04:00. L’orologio di mio fratello suona incessantemente ma, il suo
proprietario non lo sente in quanto ha infilato nelle orecchie due
tappi di gomma.
Antonio (è sempre lui a risolvere le situazioni),
nghe ‘na zambat’ a lu spe zzell’ (con un calcio allo stinco), fa in
modo che lo stato comatoso in cui si trova Marco termini bruscamente.
Dopo una lunga trafila per prepararci, è il momento della colazione.
Chiediamo al gestore del rifugio l’esito della partita di calcio, abbiamo vinto 3-0.
Usciamo dal rifugio, mettiamo i ramponi, formiamo le cordate, ci
leghiamo e, alle 05:30, iniziamo a seguire la traccia che s’inoltra nel
ghiacciaio.
Il primo tratto è in leggera salita con qualche crepaccetto insignificante.
Il ghiaccio è duro ed i ramponi fanno rumore.
La prima cordata, formata da Antonio, Rossano e Marco, procede spedita
senza fermarsi, la seconda invece, con me, Giustino e Manlio, è più
lenta ed effettua più pause per fotografare il paesaggio fantastico che
si scopre sempre di più man mano che si guadagna quota. (non è una
scusa per giustificare la nostra posizione arretrata, non siamo
spompati).
Dopo circa mezz’ora di marcia mi volto ed osservo lo straordinario spettacolo dell’alba tra i monti.
Le mie gambe si bloccano, successivamente lo fanno anche quelle di
Giustino e di Manlio mentre, le zampe della prima cordata volano via
senza accorgersi di quello sta accadendo intorno a loro. Lo vedranno
nelle mie foto.
Non fa molto freddo e l’aria che si respira è pulita, le nostre gambe girano bene e sembrano non accusare della quota.
Il primo tratto ripido ci porta sulla cresta che termina a “Colle Felik” (4061m) (per Giustino “Mastro Felik”).
Da
qui si apre un altro mondo incantato: la cresta del “Castore”, le alpi
svizzere ed il “Cervino” con la sua imponente parete nord.
Ora percorriamo un tratto in piano fino a raggiungere l’attacco della cresta ovest del “Liskamm occidentale”.
Il primo pezzo è ben ghiacciato e non abbiamo problemi poi, la cresta
diventa molto sottile ed esposta, fortunatamente il ghiaccio è solido
ed iniziamo a percorrerla con molta prudenza.
Lungo questa parte di percorso sono molto tranquillo e non accuso
affatto l’esposizione, l’unica preoccupazione è per i miei compagni che
osservo spesso ma, procedono meglio di me.
Giungiamo al termine
dell’affilata crestina ed inizia il tratto più duro: un muro di circa
200m a 45° ghiacciato fino all’osso, in ombra e con un venticello
rompiscatole.
Lo affrontiamo molto lentamente con numerose soste (non solo tecniche ma anche fotografiche).
Il segnale di partenza dopo una sosta consiste nel dire: “Poropò” (cosa
significa? –è un brano dell’inno di Mameli: “poropò… poropò…
porpoppoppoppoppò…Fratelli d’Italia l’Iitalia s’è desta……)
Usciamo
dalla salita spezzaossa ed il paradiso continua. Si sono scoperte ora
anche le altre cime del massiccio: “Punta Nordend” (4609m), “Punta
Dufour” (4634m, la più alta), “Punta Zumstein” (4563m), “Punta
Gnifetti” (4554m) con a capo la capanna “Regina Margherita”.
Ora non ci resta che percorrere l’aerea e pianeggiante cresta finale fino a raggiungere la nostra meta.
I nostri amici più veloci ci attendono a circa cento metri dall’arrivo, affiancati percorriamo così gli ultimi metri.
Ore 09:40, la vetta.
Con un abbraccio senza parole e con gli occhi gonfi dalla commozione i
“Camosci d’Abruzzo” raggiungono la cima del “Liskamm occidentale”
(4477m per alcune cartine e 4481m per altre. L’altezza non importa,
basta che siamo tutti uniti).
Secondo me ci troviamo proprio al centro del gruppo del Monte Rosa, il
panorama intorno a noi è superlativo (questo concetto l’avrò espresso
minimo 3 volte) tanto che c’è una visione a 360° di tutte le cime del
gruppo.
Alle 09:50 iniziamo la discesa. Non dobbiamo calare di concentrazione,
non vi sono difficoltà particolari ma bisogna stare attenti.
Mi sono piaciute le parole di Antonio: “Tranquilli, dobbiamo solo scendere!”
Torniamo sulle nostre tracce e con estrema serenità ripercorriamo a scendere tutto il percorso della salita.
Vista al contrario la cresta fa più effetto.
Torniamo a “Colle Felik” (Mastro Felik) dove effettuiamo una pausa ristoro.
I nostri volti sono felici, sereni, spensierati.
Saliamo sopra un altro 4000, “Punta Felik” (4088m). Si, non può essere
considerato proprio come una cima ma, visto che ci troviamo…
Affrontiamo tranquillamente l’ultima ripida discesa e poi il pianoro,
con neve ormai molle, ed infine raggiungiamo di nuovo il rifugio
“Quintino Sella” (ore 12:50).
Stozza, cartoline, ultima visita al bagno, ricomposizione zaini e, alle 13:55, via verso la funivia.
La cresta rocciosa è una volata.
Antonio non si smentisce mai, lui innalzerebbe omini di pietra persino sulla luna.
Ripercorriamo il sentiero pieno di sfasciume e, alle 15:55,
raggiungiamo il “Colle di Bettaforca” e prendiamo gli impianti di
risalita (in questo caso di ridiscesa).
In poco tempo eccoci a Staffal (o Stafal) e via al bar.
Alle 18:30 circa ripartiamo per Chieti (uno per Fara).
Mi è sembrato di aver vissuto in un sogno…un bel sogno. Tutto è andato
per il meglio: nessun inconveniente, nessuna tensione tra di noi, il
gruppo affiatato, il tempo fantastico e tanta voglia di andare in
montagna.
Poi è sopraggiunto anche il fattore sorpresa: chi si aspettava di salire sul “Lyskamm occidentale”?
Un lauto ringraziamento va anche alla nostra montagna madre: la
“Majella” infatti, percorrendo a ruota libera i suoi enormi dislivelli
abbiamo potuto raggiungere una preparazione fisica eccellente.
Antonio è stato impeccabile come sempre, Giustino è migliorato
tantissimo diventando una pedina fondamentale del gruppo (a parte il
cervello), Manlio è stato molto determinato e concentrato, Marco vola
senza problemi e Rossano, alla sua prima esperienza su un 4000, è un
mostro, non ha fatto una piega nonostante Antonio gli avesse tirato il
collo con il passo sociale.
Si, devo dire che ha rotto le scatole da Chieti però in montagna è bravo.
Bravi tutti! Ragazzi siete forti! Soprattutto…GRAZIE.