Venerdì la pioggia ci ha quasi affogato, sabato ci ha provato più
volte, domenica…sembra che non piove, proviamo a cercare di sperare di
poter effettuare una piccola camminata.
Balzolo (località di Pennapiedimonte) ore 06:35.
I nostri eroi scendono dal barattolo a quattro ruote di Antonio con un timido sole che fa sperare belle cose.
Ore 06:40, si parte.
Appena passiamo dall’asfalto al sentiero inizia una flebile ma fastidiosa pioggia che tende ad aumentare.
Ci troviamo circa 10m di dislivello sopra la machina, potremmo tornare
sui nostri passi tranquillamente ma, l’idea non ci sfiora minimamente.
Appena oltrepassati la “Penna”, un ridente arcobaleno si burla di noi.
Il nostro obbiettivo è di nuovo Valle Uprano. Chissà se il tempo ci consentirà di arrivarci almeno vicino!?!
Si procede brandendo gli ombrelli come se fossero spadoni usati per
difenderci dagli attacchi dei dragoni della pioggia che violentemente
si scagliano sui nostri gracili ed indifesi corpicini.
Ore 07:40, rifugio Pischioli.
Quattro sconsiderati decidono se tornare sotto le soffici coperte e
quindi ripararsi, nella maniera più comoda, dalle gelide temperature
del più autunnale mese di giugno o proseguire verso l’ignoto sfidando
impavidamente (o deficientemente) le forze della natura per
cercare di conquistare un’immaginaria dimensione ove forze benefiche
s’intrecciano fra loro in una danza celestiale che al sorgere del sole
disegna un astratto dipinto di pace illuminando inesorabilmente il
tumultuoso ed incomprensibile universo formato dal nulla.
Abbiamo deciso di proseguire.
Saliamo per circa 200m ed imbocchiamo un sentiero poco evidente sulla sinistra.
Non posso chiamarlo più capo-farchia in quanto mi ha rivelato di non esserlo mai stato (il crollo di un mito).
Il collaboratore alla costruzione delle farchie, ci ha assicurato che,
al 100%, quel sentiero ci avrebbe condotti a Valle Uprano.
L’evento che ha fatto in modo da dare una svolta significativa alla nostra assurda escursione è stato lo sfrattamento mbuss’.
Ovvero, camminando fra la, “leggermente” umida, vegetazione si ha un
effetto asciugatorio per le piante. Di conseguenza, le fratte cedono il
loro accumulo idrico ai nostri vestiti che, come spugne disidratate,
non esitano ad assorbire il più possibile.
Quando questo processo è giunto a saturazione, non si ha più la
necessità di proseguire (ormai lo scopo è raggiunto) perciò, giriamo i
tacchi.
Ormai non ci si diverte più in quanto, sulla via del ritorno, le piante le avevamo già asciugate.
Il tempo si è leggermente incavolato, meglio smammare.
Si scende a passo sociale.
Torniamo al rifugio Pischioli dove Giustino…
…può effettuare delle faticosissime manovre per cambiarsi gli indumenti.
Marco ed Antonio…anzi, Antonio e Marco (la precedenza ai più anziani)
guardano afflitti il catastrofico evolversi della condizione
metereologica.
A tratti si scopre il versante nord delle Murelle, ormai ricoperto di neve.
Anche cima Macirenelle e colle Strozzi (sullo sfondo) sembrano anziani
signori che attendono tranquilli il compimento del loro destino.
Nonostante la pioggia, quel testa di legno del signore, nativo di uno
sperduto paesino nell’entroterra teatino la cui tradizione consiste
nell’incendiare fasci di canne in onore del Santo Patrono,…
…non esita a costruire o risistemare ometti di pietra.
Il mio ombrello è proprio di ottima fattura, non si piega neanche se
passa un tornado. Il fatto è che soffia solo un leggero
venticello!
Scendiamo con la coda tra le gambe come se fosse arrivato il gigante
della montagna e ci avesse dato tante di quelle mazzate per aver invaso
il suo territorio mentre era impegnato ad espletare i suoi bisogni
corporali in una misteriosa grotta dove l’essere umano non aveva messo
ancora il suo zampino.
Un altro arcobaleno accompagna il nostro funebre ritorno verso il pianeta Terra.
Raggiungiamo la macchina e ci precipitiamo a cambiare gli indumenti “umidi” dentro la prima galleria del Balzalo.
Sotto una simpatica e divertente pioggia torniamo allegramente al
barattolo del collaboratore alla costruzione delle farchie, dopo tre
ore circa dal momento della partenza.
E’ stata proprio
un’escursione di …, forse abbiamo sfiorato i 500m di dislivello, però,
insieme a delle persone così, anche se fossimo andati su di un’isola
dei tropici, in mezzo a tante donne assetate di sangue, sotto le palme
a bere latte di cocco, mi sarei divertito!
Un saluto a tutti i
“Camosci d’Abruzzo” in particolar modo a quello che sta più lontano
perché è uno di quelli che ci sta più vicino.
Un altro saluto, augurandogli buona guarigione, al nostro caro amico fausto.
Ed infine, il saluto più grande va al più grande (come dimensioni fisiche) di tutti noi.
Questa foto non l’ho scattata durante l’escursione ma il pomeriggio, quando è uscito il sole.
Lo so, non c’entra niente col racconto ma mi, piace.