Questa che segue è una semplice escursione di circa 30 km eseguibile anche con normali sci da fondo.
Non mi esalta più come una volta l’idea di percorrere l’altopiano di
Campo Imperatore ma, per non sentire la martellante voce di mio
fratello, che mi ha rotto le uova nel paniere da agosto, l’ ho
accontentato.
Parcheggiamo nei pressi del rifugio Racollo.
Alle ore 08:45 partiamo in mezzo ad una neve fracica e sotto un caldo fastidioso; almeno non soffia il vento!
A causa di questa schifezza di neve, gli sci non scorrono bene ed il divertimento non è esaltante anzi, mi addormento quasi.
Per fortuna mi risveglio quando arriviamo ad un tratto dove
l’innevamento non è molto buono. Appena ricomincia la neve torno a
dormire beato.
Durante questa lenta e soporifera sciata, sogno le belle e faticose
escursioni, al limite con lo scialpinismo, effettuate durante
l’inverno: il Sirente, il Gorzano, il lago della Duchessa….per finire
con la più faticosa: la traversata della Majella insieme a dei compagni
psicologicamente instabili quali Rossano, Giustino e Manlio. Bei tempi!
Adesso invece, siamo qui a massacrarci i gioielli di famiglia su una
pendenza quasi inesistente (circa 500m in 15Km) in mezzo ad una
poltiglia biancastra.
Basta con le paranoie, siamo in ballo e balliamo! (che palle!)
Fortunatamente, fino ad ora, il tempo ci assiste e possiamo godere di un panorama fantastico. (a parte i paletti della strada!)
Salendo di quota, le condizioni della neve migliorano leggermente ma,
per arrivare ad un’altezza più elevata, abbiamo impiegato diverse ore.
In queste ore la temperatura è aumentata perciò, la neve fa sempre
schifo!
Inizia la parte più bella della via: la salita. Il vero dislivello lo
si ricopre negli ultimi 3Km ovvero, dal bivio per Vado di Corno fino
all’albergo.
Saliamo lungo la strada (d’estate asfaltata) trasformata in pista da discesa.
Alle ore 12:00 arriviamo a…lo leggete nella foto.
Una lieve sensazione di fame ci coglie alla sprovvista (ma quale
sprovvista!) perciò, facciamo prima il pieno, dopo il vuoto e
ripartiamo scoppiettanti e anche di corsa perché il tempo sta cambiando.
Nemmeno sulla pista battuta si scia bene, la neve è ormai collassata.
Bisogna trovare una soluzione prima che sia troppo tardi. (-una soluzione a che cosa? –non lo so ma mi piaceva questa frase.)
Il mio pensiero va al caro vecchio compagno di mille imprese
alpinistiche e non, il maestro che tutti quanti vorrebbero, l’unico
capace di trasformare il più semplice dei sentieri in una abominevole
impresa himalajana: Antonio di Fulvio.
E’ proprio pensando a lui, intento in quel di Fara Filiorum Petri nella
potatura delle preziosissime piante di olive, che mi viene in mente di
uscire fuori dalla pista e prendere una linea di maggior pendenza al
fine di gustarmi almeno 2 minuti (su 6 ore totali) di svago.
Arriviamo giù e torniamo alla monotonissima via percorsa in salita.
Sciamo persino sulle nostre stesse tracce, che barba!
A movimentare un po’ la situazione sono le nuvole che, come delle pulci
bastarde, si avvicinano lentamente alle spalle facendoci sentire sul
collo delle fastidiosissime gocce d’acqua.
Solo la pioggia ci mancava! Sciare sotto l’acqua a 1700m è una sensazione mai provata (se non la provate non vi perdete niente).
La pioggia si fa più insistente perciò, come è scritto sul manuale del
“perfetto escursionista”, dopo esserci bagnati a dovere indossiamo le
giacche a vento e mettiamo i copri zaini.
La pioggia diventa prima acquazzone e poi temporale infatti, si sentono (e si vedono) anche diversi tuoni.
Non siamo molto entusiasti visto che siamo bagnati, in un altopiano e
persino in mezzo ad un immensa distesa di materiale bianco
conduttore!!!!
Lo “straordinario” evento tira un po’ su i nostri animi affranti dalla
monotonia facendoci sembrare due sciatori in lotta per la medaglia
d’oro alla marcialonga in Val di Fiemme.
Dopo circa mezz’ora di questa storia, la “catastrofe si abbatte su di noi: il sole torna a splendere!
Tutto torna come prima: la malinconia, la monotonia, la nostalgia dei
bei ricordi…OOOOHH, ma che vuoi!! Mica in montagna va sempre tutto
bene! E quanto sei palloso! Ma vatti a sparare!
Scusate.
Stracontenti per aver portato quasi a termine una mirabolante impresa
scialpinistica, percorriamo l’ultimo tratto di strada che ci separa
dalla macchina cantando e fischiando la meraviglisa canzone, portata al
successo da Cochi e Renato, “L’uccellin della comare”.
L’entusiasmo è alle stelle e per cercare di prolungare al massimo il
divertimento, non andiamo dritti verso la macchina ma, saliamo su una
collinetta al fine di percorrere l’ultima spettacolare discesa.
Anche mio fratello è felice di aver allungato un po’ il percorso.
Alle 14:45 precise giungiamo al furgone dopo aver effettuato una delle più belle sciate dell’anno (forse anche l’ultima).