Era una splendida domenica di metà febbraio, ad Ovindoli c’erano circa
5 gradi sotto zero. Io, mio fratello Marco e Manlio scendiamo dal
furgone e sbattendo i denti ci mettiamo gli sci e percorriamo la
mulattiera innevata che parte dal maneggio.
Il pazzo di Manlio stava con gli scialpinismo ma con gli scarponi da
sci da discesa infatti si stava massacrando i piedi ma era contento.
Terminato l’interminabile tratto in leggerissima salita (quasi in
piano) abbiamo affrontato due tornanti un po’ più ripidi e finalmente
siamo anche usciti dal bosco.
Davanti a noi ci si è presentato un panorama a dir poco spettacolare:
la Serra di Celano, le omonime gole, i monti del parco, le candide
valli del Sirente ed altro ancora.
Siamo ripartiti scoppiettando dopo aver fatto il pieno alla vista ed allo spirito ed abbiamo raggiunto la fine della mulattiera.
Era tutto ghiacciato e per proseguire siamo stati costretti a mettere le pelli di foca.
Abbiamo iniziato a salire lungo una delle tante valli che ci si
presentavano davanti sperando che fosse quella giusta (dovevamo
percorrere la Valle d’Arano).
Dopo molti saliscendi e deviazioni varie si è scoperta la cresta che
sale da Rovere al cui culmine dominava la vetta del Sirente. Menomale,
almeno la direzione era giusta.
Manlio stava soffrendo come una persona che soffriva in sofferenza
sofferta (non diceva niente però gli si leggeva negli occhi) ma teneva
duro anzi, scherzava anche.
Giunti ad una valletta ci siamo fermati per bere il favoloso the fatto
da me alle 5:00 di mattina conservato nel mio nuovo fantastico thermos
con isolamento sotto vuoto. Lo so che non ve ne importa niente del mio
thermos e che il the fatto da me fa schifo ma devo allungare il brodo
altrimenti il racconto risulta troppo corto.
E’ iniziato a soffiare un bel vento freddo (-3°c) quindi, dopo esserci ben coperti, siamo ripartiti verso la lontana vetta.
Mentre stavamo camminando a mezza costa lungo un pendio (praticamente
stavamo provando a tagliare una valanga), il povero Manlio ha deciso di
tornare a valle in quanto il dolore ai piedi, procuratogli dagli
scarponi, era insopportabile. (non capisco come abbia fatto ad arrivare
fin li con quell’attrezzatura inappropriata).
Dopo il triste addio, sventolando in lacrime dei bianchi fazzolettini,
io e Marco abbiamo proseguito fra le nebbie il nostro cammino verso la
vetta.
Abbiamo raggiunto la cresta ghiacciata e dopo aver superato il ripido
tratto finale, raggiungiamo la cima del monte Sirente fra mille festosi
Camosci.
Purtroppo la croce di vetta aveva abbandonato la sua postazione in
quanto il vento birbone l’aveva sicuramente cacciata via facendola
precipitare nel famelico canalone Majore.
Dopo le foto di rito siamo tornati giù percorrendo il primo ripido e
ghiacciato tratto di discesa con gli sci in spalla, successivamente,
quando il pendio è diventato alla nostra portata, abbiamo rimesso gli
sci e siamo scesi usando le nostre rudimentali tecniche di
sciescursionismo (spazzaneve), cascando molte volte, fino al furgone.
Manlio era li beato a godersi il caldo sole di un febbraio ovindolese.
Per essere la prima vetta del 2006 non ci possiamo lamentare. Ciao ciao.